Il film: “Caveman”, l’uomo che ha scolpito una montagna

Non è un comune documentario Caveman – Il gigante nascosto, toccante esordio in sala di Tommaso Landucci, giovane regista lucchese. Non lo è in quanto del personaggio intorno al quale ruota, lo scultore fiorentino Filippo Dobrilla (1968-2019), non ci viene spiegato quasi nulla, bensì mostrato, rivelando un poco per volta il suo mondo interiore, gli affetti, la vita quotidiana, l’estro, la malattia. Non ci sono, cioè, testimonianze tese a esaltarne l’opera, né scritte con date e luoghi per collocare i lavori o gli incontri. Il vero testimone è la macchina da presa che osserva la quotidianità, rispettando i tempi, i silenzi, le relazioni e la sofferenza di un artista solitario ed eccentrico che è stato prima di tutto un uomo.A integrare ciò che la convivenza silenziosa e invisibile di Landucci ha ottenuto fin dal 2014, quando è avvenuto il primo incontro con Dobrilla, ci sono alcune riprese precedenti, in video, che lo mostrano anche molto giovane in azione come scultore e come speleologo, oltre alla voce fuori campo, calda e partecipe, di Alessandro Benvenuti che ne legge alcune riflessioni sulla vita e sull’arte. Per il resto il film procede con discrezione, accompagnato in qualche momento da una musica altrettanto misurata, facendoci scoprire il percorso di un essere umano che vive ritirato nei boschi di Pontassieve, alleva animali, taglia alberi, cucina e riflette sulla bellezza della scultura classica, soprattutto sui suoi maestri Michelangelo e Benvenuto Cellini. Vediamo emergere dai blocchi di marmo di Carrara le forme che lui aveva già intuito all’interno, come imprigionate nella pietra, esseri che anelano a manifestarsi, a prendere vita. Sono figure maschili, doppi dello scultore, riflessi del suo corpo magro e dinoccolato, volti che rimandano a personaggi epici e biblici, a Cristi sofferenti.

Il culmine di questo itinerario personale è il progetto folle di scolpire un gigante dormiente all’interno di una grotta verticale delle Alpi Apuane, accessibile solo con corde e attraverso cunicoli, nel buio totale, nella solitudine e nel silenzio rotto dai colpi di scalpello. Un disegno titanico, assurdo, destinato a essere goduto soltanto da pochi privilegiati se non fosse per le immagini catturate da Landucci che, con pudore, comunicano la visceralità con cui Dobrilla incide il marmo, quasi un rapporto erotico tra l’uomo e la materia.

In quest’osservazione al tempo stesso distaccata e partecipe, colpisce l’estraneità dell’artista al mondo dei galleristi e degli eventi cultural-mondani, come quando lo vediamo con l’onnipresente Vittorio Sgarbi – cui pure si deve il riconoscimento critico di Dobrilla – circondato dal demi-monde modaiolo e marchettaro: è il tipico pesce fuor d’acqua e ci vien fatto di soffrire per lui a saperlo costretto a relazionarsi con quell’ambiente artefatto. E ancor di più si apprezza la riservatezza e la dignità che Dobrilla dimostra di fronte alla malattia che lo porterà alla morte, tra cure probabilmente palliative e contatto umano con i figli avuti da due diverse compagne.

Alla fine non assistiamo al suo funerale, ma al viaggio per l’istallazione di un suo Ulisse in bronzo in un antro sul mare, in Sicilia, trasportato prima come una salma in un carro funebre, poi sdraiato come un naufrago su una barca e infine rialzato, come risorto, per rimanere solitario, «incastrato volontario nel più tormentato buco di questo mondo»; dopodiché le ultime immagini tornano su Dobrilla che, dopo una seduta di lavoro nella grotta apuana, si corica, sotto una tenda, nel sacco a pelo, accanto al suo gigante nascosto, suo doppio destinato all’eternità: «sono ore, millenni che l’uomo è lì: respira lentamente, ascolta il suono della terra».

CAVEMAN – IL GIGANTE NASCOSTORegia: Tommaso Landucci; sceneggiatura: T. Landucci e Damiano Femfert; fotografia (colore): Francesca Zonars; musiche: Marcel Vaid; voce: Alessandro Benvenuti; produzione: DocLab e Contrast Film; origine: Italia 2021; durata 91 min.