Il film: “Illusioni perdute”, le fake news ai tempi della Restaurazione

Secondo Marcel Proust, Illusions perdues era il capolavoro della Comédie humaine di Balzac, un poderoso romanzo in tre volumi che racconta senza mezzi termini né sconti la decadenza, le ipocrisie, le storture e la malignità della società francese della Restaurazione.

Un film in costume pare una scelta curiosa per un regista come Xavier Giannoli, reduce dal ben più contemporaneo L’apparizione, ma il genio di Balzac offre l’opportunità di realizzare una spietata satira del mondo dell’apparenza tutto contemporaneo attraverso la maschera del film d’époque, ritrovando nella Parigi di inizio Ottocento i germi delle degenerazioni sociali contemporanee.

Dei tre volumi che compongono l’opera, Giannoli si sofferma in particolar modo sul secondo, Un grande uomo di provincia a Parigi, seguendo le gesta dell’ingenuo e idealista poeta Lucien Chardon, in arte de Rubempré, che inseguendo l’amore della baronessa Louise de Bargeton lascia la nativa Angoulême solo per trovarsi abbandonato e squattrinato nella capitale francese, alla mercè di arrivisti e affaristi che sfruttano e corrompono il suo talento letterario in una forma di giornalismo non proprio deontologicamente inappuntabile.

Nel carosello di tradimenti, intrighi e malignità affrontate dal giovane protagonista, un adeguato Benjamin Voisin, si nascondono neanche troppo velatamente una serie di spunti per leggere situazioni oggi endemiche. Si parla dell’origine delle famigerate fake news, “anatre” per i liberali e “piccioni” per i realisti, macchina del fango che distrugge reputazioni ma raddoppia le vendite (“una falsa notizia e la sua smentita sono due notizie”, spiega il Lousteau di Vincent Lacoste). Si tocca anche l’attualissimo argomento della compravendita di recensioni, articoli e commenti che decretano ex ante il successo o il fallimento di un autore e delle sue opere, tema che si riflette alla perfezione nel mondo dei blog e dei siti di aggregazione, su cui plausi entusiasti o stroncature spietate appaiono ben prima dell’uscita del libro o del film di riferimento. Si assiste, ovviamente, al gioco della “commedia umana”, una crudele danza vagamente pirandelliana di alleanze di comodo e false amicizie, di cospirazioni e voltafaccia, che rispondono alla logica dell’apparenza e della forma, elemento sempre attuale per quanto apparenza e forma cambino nei secoli.

Mascherata sotto un taglio dei più classici, la regia di Giannoli incolla il pubblico alla poltrona, permettendo di appassionarsi, indignarsi, emozionarsi per un dramma sentimentale che non dimostra affatto i suoi (quasi) duecento anni, capace anzi di creare ponti inaspettati tra epoche e mondi evidentemente non così diversi, sorretto dall’ottima sceneggiatura di Jacques Fieschi e dello stesso Giannoli, e da interpreti in stato di grazia.

Non solo Illusioni perdute restituisce la bellezza, la cattiveria e l’acume dell’opera di Balzac, ma ne sottolinea la geniale capacità di vedere ben oltre il proprio tempo, cogliendo quegli elementi prettamente umani distinguibili nelle specificità storiche e culturali. Mentre il fumo si alza dai roghi delle purghe volute dal rinato Ancien Régime, e il narratore si chiede come potrà mai un giornale diffondere notizie, vere o false che siano, senza carta, inchiostro o tipografie, lo spettro di internet si affaccia fin dall’Ottocento, gettando la sua ombra su una lunga tradizione di manipolazione e distorsione della verità in nome del profitto. E improvvisamente Balzac diventa (anche) scrittore del ventunesimo secolo.

 

ILLUSIONI PERDUTE di Xavier Giannoli. Con Benjamin Voisin, Vincent Lacoste, Salomé Dewaels, Xavier Dolan. Francia, 2021. Drammatico.