Il film: “Nowhere special”, affrontare l’imminenza della morte con amore e speranza
La scatola è già pronta sul tavolo. John, lavavetri di 34 anni, è un malato terminale che vuole riempirla di ricordi da lasciare al figlio Michael di 4 anni (la madre li ha abbandonati subito dopo la nascita del bambino). Ma come condensare in pochi centimetri quadrati l’essenza del loro breve cammino? Il giovane padre decide di riempirla con il suo inseparabile berretto, una spazzola per detergere i vetri, le lettere da aprire in occasione dei passaggi fondamentali della vita, ma soprattutto con la candela del prossimo compleanno che non potranno festeggiare. È questa la scena chiave di Nowhere Special, il film di Uberto Pasolini, alla sua terza regia dopo Machan e Still Life.
Una pellicola straziante dove l’imminenza della morte è accompagnata dal calvario che padre e figlio devono percorrere alla ricerca di una famiglia affidataria che si prenda cura del piccolo. Visto il tema affrontato, per il regista sarebbe stato facile guadagnarsi il consenso ricorrendo a sequenze strappalacrime ed invece Pasolini dosa con cura il registro narrativo delle emozioni, concentrandosi sulla dolcezza degli sguardi e sulla calda intimità domestica. Allo stesso tempo, le differenze di classe che Nowhere Special presenta (contrapposizione tra una famiglia povera e quelle ricche che potrebbero accogliere il bambino) non sono raccontate con la rabbia e la determinazione di altre pellicole, ma come reale elemento di contorno all’infinito amore di un padre per il proprio figlio. John è dolcissimo con Michael: gli legge le fiabe per farlo addormentare, si prende cura della sua igiene personale, viaggia sempre con un ombrello pronto a ripararlo. Un amore che si concretizza anche nel cercare disperatamente le parole giuste per spiegare ad un bambino così piccolo il mistero della morte. E proprio qui, l’umile padre si dimostrerà molto meno analfabeta dei sentimenti rispetto ai tanti personaggi che incontrerà sulla propria strada. James Norton è John ed indossa la meravigliosa maschera di un uomo segnato dalla malattia, da una vita costellata di errori e di privazioni.
La sua mimica facciale è costantemente sintonizzata sullo stupore e sulla malinconia, provocati da un mondo che è costretto ad osservare prevalentemente da dietro le vetrate delle case e degli uffici, limite invalicabile verso quella vita agiata che avrebbe voluto regalare al proprio figlio. Michael ha il volto di Daniel Lamont, sbalorditivo nell’interpretare una creatura così piccola, essendo capace di espressioni da attore navigato (come dimenticare lo sguardo attonito che gli provocano le complesse famiglie candidate ad accoglierlo) e di azioni naturali ed estremamente significative (coprire con la sua coperta il padre che si è addormentato sul divano). Ed è nei gesti che emulano gli atteggiamenti del padre che il giovanissimo attore lascia il segno più indelebile: le attenzioni del bambino verso un camioncino di plastica, il berretto portato con la stessa fierezza di John, il toccante tentativo di procurarsi gli stessi tatuaggi affidandosi a dei pennarelli colorati, rendono ancor più doloroso sapere che tutto questo non sarà la premessa di un domani condiviso. Soltanto a Michael sarà riservato, non senza soprese, un futuro in quella che il padre avrebbe definito “una famiglia normale”. E la troverà, accompagnato dallo stesso John, nella sequenza finale che, erede de I quattrocento colpi di Truffaut, si chiude con un fermo immagine sul volto del bambino, potente messaggio di amore e di speranza.
NOWHERE SPECIAL di Uberto Pasolini. Con James Norton, Daniel Lamont, Chris Corrigan, Valene Kane, Louise Matthews.
Produzione: RAI Cinema, Picomedia, Digital Cube, Eurimages; Italia, Romania, Gran Bretagna, 2020
Drammatico; Colore
Durata 1h 36 min