Alice e il sindaco
Così ad accomunare i due film restano il protagonista Fabrice Luchini (là un insegnante, qui il sindaco) e la voglia di affrontare problematiche molto serie con tonalità anche brillanti e modalità molto discorsive.È meglio, pertanto, tenere fuori dei giochi Rohmer e concentrarsi soltanto su Pariser. Questi, nell’addentrarsi nei meandri della politica urbana, mostra sagacia e acume riuscendo a pervenire a qualche conclusione sensata senza mai dare l’impressione di aver voluto realizzare un film a tesi, ma semplicemente concentrandosi sulle relazioni interpersonali, sulle dinamiche dialettiche e su una giusta quantità di senso comune.
Il sindaco di Lione, Paul Theraneau, si rende conto di non avere più idee e manifesta la necessità di un aiuto che gli restituisca l’elasticità intellettuale e la possibilità di elaborare progetti. All’uopo viene scelta, senza particolare ballottaggio ma sulla base di studi e referenze intellettuali, Alice Heimann, che non è una filosofa ma ha studiato filosofia e l’ha anche insegnata. La sua influenza su Theraneau è benefica, mentre il sottobosco di assistenti, vice e collaboratori, a confronto con una personalità così diretta e pragmatica, perde completamente la bussola. Sia Alice che Theraneau hanno una vita privata non ben definita: lei vive da sola,lui viene da una separazione. In un certo senso sono le idee a unirli: lui ne è alla ricerca, lei è in grado di offrirne.
Il senso ultimo del film, che apparentemente non porta niente di nuovo a un dibattito iniziato da sempre e mai finito, è racchiuso nel destino di Theraneau, che subito dopo aver scritto con Alice il cosiddetto discorso della vita, che dovrebbe pronunciare al congresso nazionale annunciando la propria candidatura all’Eliseo, viene accantonato dalle alte sfere che gli preferiscono un andamento più tradizionale che non li costringa a dover affrontare lo spauracchio della politica: le sorprese. Tornato al ruolo di conferenziere e ospite d’onore, Theraneau ritrova il piacere della lettura e la tranquillità del fuori casta. Solo era e resta solo, ma si ritrova con tanto tempo per pensare e la consapevolezza che ci siano cose più importanti dei giochi di potere. Alice, invece, trova una compagnia stabile, ha una figlia eha modo di guardare a quel passato con la giusta ironia e nessun rimpianto.
Dove Alice e il sindaco funziona meglio è nella rappresentazione fortemente ironica dell’entourage del sindaco fatto di arrivisti, diplomatici, disperati, incapaci e più avvezzi a seguire la corrente che a prendere iniziative. In un contesto simile Alice ha un po’ la funzione di cartina di tornasole: con le sue idee (che per altro sono il motivo per cui ha ricevuto l’incarico) smaschera senza volerlo realmente fare tutti quelli che si occupano delle vite degli altri senza averne la minima competenza. Il film, invece, si indebolisce un po’ nella focalizzazione della sua vita privata fatta di incontri occasionali, ritorni di fiamma e sentimenti appena abbozzati. D’altronde, il contesto in cui la ragazza si muove è di quelli totalizzanti che non permettono di avere realmente una vita propria finché si accetta di partecipare algioco. Fabrice Luchini e Anaïs Demoustier sono all’altezza dei rispettivi personaggi e contribuiscono al buon risultato finale. Pariser, da parte sua, gestisce una materia non facile raccontandoci verità esistenziali con la giusta leggerezza.
ALICE E IL SINDACO (Alice et le maire) diNicolas Pariser. Con Fabrice Luchini, Anaïs Demoustier, Nora Hamzawi, Léonie Simaga. FRANCIA 2019; Commedia; Colore