Herzog incontra Gorbaciov

Chi continua a considerarlo un traditore dello spirito autentico del socialismo magari non andrà neanche a vederlo o, se ci andrà, penserà di stare ascoltando i deliri di un pazzo o le bugie di un disonesto. Chi invece lo ritiene una delle grandi figure del secolo scorso avrà modo di ascoltarne le riflessioni, di partecipare a una lezione di storia, di osservare il dignitoso tramonto di un leader accantonato e soppiantato da poteri più forti. In realtà, se è vero che la storia si definisce soltanto anni dopo gli avvenimenti che la fanno, non è affatto semplice esaminare un personaggio così complesso senza lasciarsi trasportare dai sentimenti o dalle emozioni.

Ma Herzog, che da cineasta visionario si è progressivamente trasformato in documentarista attento e analitico, premette subito che nessuno degli atteggiamenti di Gorbaciov gli ha dato l’impressione di artificio: in lui tutto è semplice e naturale, come se l’origine contadina non fosse mai stata sopravanzata dagli studi di legge, dalla carriera politica, dal ruolo di segretario del partito. Eppure c’è stato un momento in cui Gorbaciov, all’epoca degli incontri con Ronald Reagan, ha realmente avuto la possibilità di dare una svolta alla politica interna ed estera dell’Unione Sovietica e di conseguenza di cambiare la storia. I suoi cavalli di battaglia, come è a tutti ben noto, sono la glasnost (liberalizzazione, apertura, trasparenza) e la perestrojka (ricostruzione), che da molti sono indicati come progetti altamente pericolosi nel momento in cui realizzati solo a metà.

Ci permettiamo di suggerire che la realizzazione parziale, del tutto inutile se non portata a compimento, è rimasta tale per l’intervento dei cosiddetti duri e puri che, spaventati dalla direzione che avevano preso le riforme, preferirono estromettere Gorbaciov e tentare di riportare tutto allo status quo. Come sempre accade in casi del genere, sia il lavoro del leader sia gli sforzi degli oppositori sono rimasti a metà strada provocando una situazione incoerente e controproducente e costringendo i governanti che gli sono succeduti (Eltsin, Putin, Medvedev e ancora Putin, tuttora in carica) a riprendere le redini del paese con una svolta autoritaria.

Il film di Herzog, che mostra un grande rispetto per Gorbaciov e ne sottolinea a più riprese la sua vivissima intelligenza, si limita a ripercorrere attraverso le parole del leader quasi cinquant’anni di storia della Russia segnati dalla leadership di Breznev, poi di Andropov, quindi di Černenko e infine dello stesso Gorbaciov riuscendo a ottenere un risultato semplice da una situazione complessa. Si rimane con l’impressione, infatti, che Gorbaciov avesse realmente intenzione di cambiare le cose in modo quasi rivoluzionario e che pertanto, agendo da uomo di pace in un contesto di conflitti e lotte fratricide, fosse uno dei più grandi utopisti del secolo. L’idea, cioè, che pensasse che ciò che voleva fare gli sarebbe in qualche modo stato permesso, lo pone senza alcun dubbio ai vertici dell’idealismo politico. In fondo, come riconoscimento del suo lavoro gli resta un semplice Nobel per la pace conseguito nel 1990, un anno prima della sua estromissione da un partito che da quel momento non avrà più segretari generali.

Di Herzog incontra Gorbaciov rimangono, per forza di cose, molte parole, alcune delle quali di circostanza, altre invece che sgorgano direttamente dal cuore. E quando Herzog chiede se abbia una frase da far incidere sulla futura lapide, Gorbaciov ammette di non averne ma di ricordare volentieri quella incisa sulla lapide di un amico: “Ci abbiamo provato”.

HERZOG INCONTRA GORBACIOV (Meeting Gorbachev)

di Werner Herzog e André Singer.

GERMANIA/GRAN BRETAGNA/USA 2018;

Documentario; Colore