Avengers Endgame

Cominciamo col dire che la mancanza della fatidica scena dopo i titoli di coda potrebbe voler dire che per andare avanti bisognerà pensarci molto bene. E poi un eventuale prosieguo dovrebbe tener conto del fatto che qualcuno se n’è andato per non tornare più. Insomma, la Marvel ha fatto le cose in grande sotto tutti i punti di vista, al punto da seguire una sorta di coerenza non più fantastica ma logica che impone giocoforza una riflessione approfondita sugli sviluppi.

Qui ci fermiamo, riavvolgiamo il nastro e torniamo a Avengers Endgame per parlare di un film caratterizzato dall’attesa febbrile da parte del pubblico, da un esordio record con incassi che fanno prevedere qualche primato, ma soprattutto di un film complesso che doveva riallacciare i fili con Avengers Infinity War senza dare l’impressione di dare troppe cose per scontate. Con i fedeli Joe e Anthony Russo al timone, il risultato può dirsi piuttosto soddisfacente (eccezionale dal punto di vista Marvel) ma impone qualche distinguo tra i differenti piani del racconto.

Thanos, forse il nemico più potente degli Avengers, era arrivato alla conclusione che per equilibrare l’universo e per eliminare il problema della sovrappopolazione fosse necessaria un’azione drastica e (così pensava lui) irreversibile. Così, raccogliendo le sei gemme dell’infinito e incastonandole in un guanto, aveva potuto scatenare una forza cosmica che avrebbe eliminato metà della popolazione della Terra. Tutti ricordano, in Infinity War, la smaterializzazione di Spider Man, Black Panther, Doctor Strange e altri supereroi come un momento particolarmente doloroso. Quelli rimasti, Captain America, Thor, Iron Man, Vedova Nera, Hawkeye, Hulk, Rocket, War Machine, Nebula e Ant-Man, cui si aggiunge Captain Marvel, devono trovare il modo di riportare le cose indietro per sconfiggere il titano, che nel frattempo si è trasformato da filosofo esistenziale in cattivo monodimensionale. E l’unico modo, prevedibile in partenza, è quello di trovare una finestra temporale che li riporti al momento in cui le gemme erano ancora separate. Dopodiché, i fuochi artificiali possono avere inizio.

È interessante notare come fumettisti, sceneggiatori e registi si divertano un sacco a sbeffeggiare Ritorno al futuro perché «le cose non funzionano così» e incappino allegramente nei medesimi problemi legati all’annoso problema del viaggio nel tempo. Questo vale, sia ben chiaro, per qualunque film si serva di tale espediente: una volta rimesse a posto le cose c’è sempre qualcosa che non torna per soggetti che ancora pratichino la logica. Nel caso specifico, un avvenimento corretto nel passato con qualche conseguenza sempre nel passato, non può come per magia eliminare gli effetti di tale conseguenza nel futuro. Ecco perché Avengers Endgame deve essere giudicato su più livelli.

Il rendimento spettacolare non si discute, anche se alzare l’asticella dell’epica non equivale automaticamente a trovare soluzioni narrative adeguate o innovative. L’elemento emozionale è quello che funziona meglio, risultando coinvolgente, impetuoso, a tratti persino commovente non vergognandosi di usare tutti i trucchi del grande cinema hollywoodiano da «Arrivano i nostri!» a «È roba di cui son fatti i sogni» a «Ma allora non eri morto…». La sceneggiatura in quanto successione di eventi che reclamano una consequenzialità e un senso comune, invece, è il punto debole della catena, che si appoggia moltissimo sull’emozione per rendere il tutto indolore. Così, alla fine, ci si ritrova con un giocattolone ben assemblato che, al netto degli entusiasmi di parte (tipo il film definitivo o uno spettacolo impressionante), non fa minimamente pesare le tre ore di durata. Vi sembra poco?

AVENGERS ENDGAME (Id.) di Joe e Anthony Russo. Con Chris Evans, Robert Downey jr, Scarlett Johansson, Josh Brolin, Mark Ruffalo. USA 2019; Fantastico; Colore.