Momenti di trascurabile felicità

Non si può dire che Daniele Luchetti sia un abitudinario. Anzi, corrisponde al vero dire che ogni tanto cambia generi e toni per sfuggire al pericolo di fare sempre lo stesso film, a rischio di gettarsi in un’impresa apparentemente lontanissima da lui come la biografia del Papa Chiamatemi Francesco. È anche vero, però, che Dillo con parole mie, Mio fratello è figlio unico, La nostra vita e Anni felici affrontano tematiche familiari, che a quanto pare è l’argomento che più interessa quello che chiameremo il Luchetti della maturità. Autobiografici o meno, i suoi film mostrano una propensione per l’utilizzo del dramma o della commedia (o un mix dei due generi) per parlare del sociale, del politico, dell’interiorità, del presente in chiave di rapporti familiari. Momenti di trascurabile felicità si inserisce appieno in questa tendenza basandosi su due romanzi di Francesco Piccolo (sceneggiatore per Virzì, Moretti, Soldini e Archibugi) che, alla sua prima collaborazione con Luchetti, ne orienta la rotta verso la favola morale mixando Il cielo può attendere e La vita è meravigliosa (ma anche, nello spunto iniziale, Il Paradiso può attendere) e calandoli nella realtà italiana contemporanea.

Paolo vive a Palermo con la moglie Agata e i figli Aurora e Filippo. Il giorno in cui lo conosciamo è anche quello della sua morte, che avviene causa un incidente stradale dovuto alla sua abitudine di passare col rosso a un determinato semaforo salvo sbagliare di una frazione di secondo che sarà fatale. Così Paolo si ritrova all’altro mondo dove l’impiegato che segue la sua pratica è costretto ad ammettere che c’è stato un errore. Gli spettano ancora 92 minuti che dovrà utilizzare al meglio (quello che lui ritiene tale). E Paolo, nella piena consapevolezza che il tempo scorre implacabile, non può fare a meno di commettere nuovi errori, ma anche di aggrapparsi disperatamente al ritornello «passiamo un po’ di tempo insieme» riuscendo a recuperare il rapporto con la figlia Aurora. Poi, con la presenza costante dell’impiegato a ricordargli la scadenza, tocca ripartire con lo scooter verso l’appuntamento fatale.

Non si può negare a Luchetti una certa grazia nell’affrontare un argomento che si prestava a semplificazioni, banalità, ovvietà e facile sentimentalismo. Anche grazie all’interpretazione anomala di Pif, che agisce più da testimone attonito che da protagonista tradizionale, e al valido contraltare di Thony, una moglie che ama il marito al punto da accettarlo con tutte le sovrastrutture di difetti, bugie e ombre, riesce a costruire un’atmosfera che della favola conserva solo la cornice e che per il resto salta a piedi uniti nel male di vivere contemporaneo. In un certo senso, qui cominciano i problemi. Perché la grazia di Luchetti stempera, ma non allontana affatto le semplificazioni, le banalità, le ovvietà e il facile sentimentalismo.

Momenti di trascurabile felicità vive in un’atmosfera sospesa tra la riflessione profonda e il luogo comune senza mai riuscire a decollare verso la prima e accontentandosi di abbozzare un quadretto d’ambiente che un po’ è il nostro attuale, un po’ quello di diversi anni fa sia per quanto riguarda le notazioni umane e sociali sia per i modelli cinematografici.

Alla fine, purtroppo, rimane più impressa la prevedibilità di una vita riveduta e corretta in pochi minuti che non la reale possibilità di cambiamento a seguito di una riflessione, di un esame di coscienza o comunque di un evento traumatico. Molto probabilmente il particolare più divertente è quello relativo alla partita del Palermo che dovrebbe decidere della sua promozione in serie A e che, nonostante l’impiegato (immancabile, burbero Renato Carpentieri) dichiari la certezza della vittoria inducendo il gruppo di amici a scommettere, finisce con un pareggio. Così anche l’onniscienza divina è servita.

MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITÀ di Daniele Luchetti. Con Pif, Thony, Renato Carpentieri, Angelica Alleruzzo, Francesco Giammanco. ITALIA 2019; Commedia; Colore.