Las Acacias
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Considerando che «Las acacias» è ambientato prevalentemente all’interno della cabina di guida del camion, è evidente che Giorgelli ha scommesso tutto sui volti dei suoi personaggi, sul sapientissimo gioco di campi e controcampi, su una macchina da presa che aveva il compito principale di penetrare la corazza di Ruben e Jacinta per rendere credibile un cambiamento che diversamente sarebbe stato un semplice espediente da melodramma. Nel film, invece, non c’è proprio niente di forzato, artefatto o manierato. C’è (cosa tutt’altro che semplice da realizzare) una verità che a dirla potrebbe sembrare scontata: anche gli ultimi, quelli che subiscono più di altri le intemperie della vita, hanno la possibilità di rialzare la testa e, senza proclami né violenze né violini, ritagliarsi un proprio spazio nel quale vivere.
Da questo ragionamento si potrebbe dedurre che la partita si giochi tra Ruben e Jacinta con l’esclusione del resto del mondo. Ma non è così. L’elemento fondamentale in «Las acacias» è la presenza silenziosa e gigantesca di Anahi, una piccola di cinque mesi che con i suoi sguardi e i suoi sorrisi fa breccia nel cuore di Ruben e lo porta a ricollegarsi con un’esistenza più umana e condivisa. L’attrice (se così possiamo chiamarla) si chiama Nayra Calle Mamani e va ben oltre lo Stajola di «Ladri di biciclette» o Aida Mohammadkhani de «Il palloncino bianco».