La prima neve

Adesso, con «La prima neve», si sposta in Trentino Alto Adige, in Val di Mocheni dove si parlano sia il dialetto ladino che uno tedesco di origine bavarese, e tenta la convergenza tra due diverse solitudini e due diversi modi di elaborare il dolore. Da una parte Michele, un ragazzino del luogo che ha perso il padre, dall’altra Dani, africano del Togo che ha perso la moglie. Due cose si evidenziano dal film: da una parte la vocazione documentaristica di Segre, dall’altra la sua difficoltà di sposare questa caratteristica alla narrazione tradizionale.

Michele non ha mai accettato la morte del padre, della quale sembra in qualche modo incolpare la madre Elisa. Dani ha una figlia di pochi mesi, Fatu. Sua moglie Laila è morta dandola alla luce e questo rappresenta un problema: Fatu gliela ricorda troppo per consentirgli di amarla veramente. Così da una parte c’è un ragazzino che, agitato da emozioni totalmente interiori, ha grandi difficoltà a relazionarsi con la madre e quindi a intraprendere un cammino di crescita. Dall’altra c’è un uomo molto lontano da casa che attende i documenti per regolarizzarsi, sogna di andare a Parigi dove ha qualche amico e soprattutto tenta, prima inconsciamente poi con una istintiva consapevolezza, di liberarsi dei ricordi che potrebbero ostacolarlo, anche se questo equivale ad abbandonare una figlia lasciandola in affidamento a qualcuno. In questo percorso complesso finisce per giocare un ruolo fondamentale l’aspetto ambientale: i boschi, il legno, le vallate e, per ultima, la prima neve (che Dani non ha mai visto), guideranno Michele e Dani a una piena consapevolezza e a un’assunzione di responsabilità verso gli altri e quindi verso la vita.Le intenzioni di Segre sono sempre buone. Qui, rispetto a «Io sono Li», si moltiplica la complessità dei rapporti umani ma cresce anche una remota consapevolezza che col procedere del racconto si fa sempre più precisa: che cioè la presenza di Dani in Val di Mocheni non abbia alcunché di naturale, ma sia strettamente funzionale al percorso di Michele. Come dire che ne «La prima neve» il centro del racconto è proprio il ragazzino e che tutti gli altri personaggi ci sono e si muovono in funzione sua. Questo, tanto per cominciare, allontana il film dalla tematica di convivenza tra razze, di emigrazione e di minoranze etniche che sembrava avere in partenza. Ma soprattutto porta «La prima neve» verso una destinazione melodrammatica che rende il Trentino Alto Adige più vicino a uno sfondo da cartolina e l’indole documentaristica di Segre più simile a un compiaciuto estetismo. Si noterà come, per risolvere i problemi dei personaggi, l’autore si serva di eventi e situazioni forse plausibili da un punto di vista narrativo, ma troppo semplificanti sotto l’aspetto psicologico. Così «La prima neve» diventa un doppio romanzo familiare dalla soluzione abbastanza prevedibile e dalla credibilità ridotta ai minimi termini. Se proprio dobbiamo ricordare qualcosa, tocca tornare ai bei paesaggi trentini sparsi a profusione ben oltre la necessità simbolica e psicologica. Qualche nota positiva dagli attori: Jean-Christophe Folly (Dani) è forte di un’esperienza francese agli ordini, tra gli altri, di Alain Resnais e Costa-Gavras. Anita Caprioli (Elisa) è una madre forse troppo smarrita e priva di polso. Matteo Marchel (Michele) ha la forza dell’esordiente grintoso. Ma Andrea Segre, che ha delle qualità, deve ancora studiare il modo migliore per farle fruttare.LA PRIMA NEVEdi Andrea Segre. Con Jean-Christophe Folly, Matteo Marchel, Anita Caprioli, Peter Mitterrutzner, Giuseppe Battiston, Roberto Citran. ITALIA 2013; Drammatico; Colore