Salvati per voi: un anno di cinema alla ricerca della qualità
I bilanci di fine anno hanno una doppia valenza: da una parte la chiusura di un ciclo, dall’altra un’apertura di credito per riprendere con una base su cui poter lavorare. Trattandosi di cinema, è evidente che delle due è ovviamente la seconda a prevalere. C’è insomma bisogno di poggiare su qualcosa di solido per continuare a edificare una costruzione che ha le sue fondamenta e anche qualche piano superiore, ma è ancora ben lontana dalla cosiddetta cena di copertura. E a noi piace svariare alla ricerca di una qualità che non è mai la stessa.
La si può trovare in Margin Call di J.C. Chandor che, con lucidità e durezza, rievoca in forma di thriller psicologico il fallimento della Lehman Brothers con il contributo di attori ad alto livello come Kevin Spacey, Paul Bettany, Stanley Tucci e Jeremy Irons.
La si può trovare in Sette opere di misericordia di Gianluca e Massimiliano De Serio, dove occorrono pazienza e concentrazione per arrivare a comprendere come il percorso dei due protagonisti sia finalizzato a qualcosa di ben diverso dalle apparenze.
La si può trovare in L’intervallo di Leonardo Di Costanzo, dove la storia di un carceriere e di una prigioniera diventa metafora altamente poetica dell’impossibilità di vivere la propria vita come il cuore vorrebbe e dove la libertà è nient’altro che un intervallo tra le tristezze già state e quelle che verranno.
La si può trovare in Silent Souls di Aleksei Fedorchenko, uno dei film più straordinariamente evocativi degli ultimi anni, dove una cerimonia di sepoltura che segue antiche tradizioni diventa occasione di lettura interiore e di esplosione di poesia.
La si può trovare in Una famiglia perfetta di Paolo Genovese dove, prima di un eccesso di spiegazioni nel finale, l’autore riesce a rinfrescare la struttura della commedia italiana ricordandosi di Pirandello e persino di Bergman con la collaborazione di attori particolarmente adeguati.
La si può trovare in Reality di Matteo Garrone che, analizzando un fenomeno contemporaneo come il «Grande Fratello», racconta i sogni e le illusioni di gente cui è rimasto ben poco in cui credere.
La si può trovare in Amour di Michael Haneke che, senza forzare lo spettatore a modificare il proprio punto di vista sul fine vita, racconta con straordinario realismo e due protagonisti meravigliosi le estreme conseguenze di un amore sconfinato.
La si può trovare in Detachment di Tony Kaye, che analizza a fondo le problematiche di un insegnante di scuola che ha assoluto bisogno di guardarsi dentro per scoprire qualcosa che gli dia la forza di andare avanti.
La si può trovare in Tutti i nostri desideri di Philippe Lioret, che racconta uno straordinario rapporto di amicizia tra un giudice e un’avvocatessa evitando accuratamente le trappole dell’ordinarietà e del sentimentalismo.
La si può trovare in Skyfall di Sam Mendes che, se pure il giochetto psicanalitico di James Bond e del suo doppio sembra a lungo andare un po’ lezioso, ha il merito non indifferente di aver tentato un’operazione originale senza preoccuparsi delle aspettative dei fan di 007.
La si può trovare in La regola del silenzio di Robert Redford che, sfidando retorica e convenzione, dimostra di essere in grado di riflettere su problemi sociali, sullo scorrere del tempo e sulla necessità di cambiare in ragione dell’esistenza dei figli.
La si può trovare in Hugo Cabret di Martin Scorsese, che non è soltanto un analista del presente ma anche un appassionato conoscitore del passato e sembra convinto che dedicare un film al genio di Georges Méliès possa indurre qualcuno a chiedersi «chi era costui?».
La si può trovare in Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani, che ci restituisce intatta e rinnovata la capacità dei fratelli samminiatesi di raccontare il complesso rapporto tra arte e vita attraverso una rappresentazione di Shakespeare allestita dai detenuti di Rebibbia. La si può trovare ne Il sospetto di Thomas Vinterberg, una durissima requisitoria sui danni incommensurabili che può provocare la calunnia.
La si può trovare: anche se talvolta non sembra, ce n’è ancora un po’.