La regola del gioco non è cambiata: «GOSFORD PARK»

DI FRANCESCO MININNI

Nel 1939 «La regola del gioco» di Jean Renoir mise un punto fermo nella storia dei conflitti di classe rappresentando una battuta di caccia con delitto in una sontuosa residenza della provincia francese. Nel 2001 Robert Altman che, pur essendo senza possibilità di dubbio americano, periodicamente ama frequentare gli scenari europei, prende spunto proprio da quel film per mettere in scena un’altra battuta di caccia, un altro delitto, un altro conflitto di classe. Accade nel 1932 a Gosford Park, in Inghilterra, dove un riccone con moglie più giovane e un passato da seduttore riceve ospiti d’ogni genere: nobili inglesi, un produttore americano, l’attore Ivor Novello, ognuno con camerieri e valletti. Ognuno ha i propri problemi, i propri scheletri nell’armadio, le proprie debolezze e nessuna virtù. E qualcuno ha anche un passato ingombrante che pretende di farsi da parte saldando un vecchio conto.

«Gosford Park» è molto altmaniano nella struttura corale, nella minuziosa definizione di tutti i personaggi, nell’atmosfera di fatalità incombente e nella feroce ironia che fa da anticamera alla tragedia. Lo è meno, invece, nell’ambientazione (per altro bellissima) e nel quadro sociale. Perché, lo voglia o meno, Robert Altman non ha la formazione e la sensibilità di un regista europeo e non è in grado di fare per l’Inghilterra ciò che fece per l’America con «Nashville» e «America oggi». Così una materia che avrebbe fatto la gioia di due americani inglesissimi come Joseph Losey (soprattutto) e James Ivory, diventa nelle sue mani una elegantissima maniera che non brilla né per originalità né per profondità.

Di «Gosford Park» si apprezzano l’interpretazione, la scenografia, i tocchi che evidenziano particolari che si riveleranno poi importanti, la raffinatezza compositiva e il ritmo lento che non consente tuttavia alcuna distrazione. Ma, alla fin fine, si ha l’impressione di un’esercitazione tecnica ad altissimo livello su una materia che non sembra proprio di competenza dell’autore, come era accaduto, con risultati sicuramente meno rilevanti, in «Pret a porter».

È casomai da rilevare come la sottile ironia dell’autore lo porti a una particolarissima mescolanza di generi che, a lungo andare, potrebbe fare la differenza. Da una parte il ramo nobile, che va da Renoir ad Agatha Christie. Dall’altra il ramo plebeo, che comprende il gioco di società «Cluedo», il film di Robert Moore «Invito a cena con delitto» e soprattutto un personaggio, l’ispettore interpretato da Stephen Fry, che è sicuramente un parente prossimo dell’ineffabile Clouseau. Il tutto servito su un vassoio d’argento e abbondantemente spruzzato di umorismo britannico: con due personaggi americani, interpretati da Ryan Phillippe e Bob Balaban, che probabilmente passavano per caso.

GOSFORD PARK (Id.) di Robert Altman. Con Alan Bates, Kristin Scott Thomas, Maggie Smith, Ryan Phillippe. USA 2001; Drammatico; Colore