Cinema e realtà: un lungo duello: «THE MAJESTIC»

DI FRANCESCO MININNIForse sarà per un certo imbarazzo storico, ma quando affrontano a quattr’occhi il maccartismo degli anni Cinquanta i cineasti americani preferiscono dargli la veste della commedia. Sia essa acida e politicamente inquadrata come «Il prestanome» di Martin Ritt, oppure ottimista e persino nostalgica come «The Majestic» di Frank Darabont, il retroterra è sempre quello del sorriso. Il che significa, a voler leggere tra le righe, che il paese più democratico del mondo può anche essere disposto a far uscire gli scheletri dall’armadio, ma a patto che vi rientrino un attimo dopo.

«The Majestic», interpretato da un Jim Carrey che conferma una volta di più di non essere «smorfiadipendente», è evidentemente ispirato al cinema della speranza di Frank Capra (con particolare riferimento a «Mr. Smith va a Washington»), ma anche alla magia del cinema legata al ricordo di un luogo geografico come raccontata da Giuseppe Tornatore in «Nuovo Cinema Paradiso».

Ciò nonostante, trae l’elemento di maggior forza da uno scambio di persone tipicamente pirandelliano. Lo sceneggiatore Peter Appleton, alle porte del successo, finisce sulla «lista nera» a causa di certe riunioni sovversive all’epoca del college. Appleton, sinceramente apolitico, si trova così senza lavoro e senza amici. Ubriaco, ha un incidente automobilistico e perde la memoria nei pressi di Lawson. Qui Harry riconosce in lui il figlio Luke, dato per disperso nella seconda guerra mondiale. E Peter, che proprio non ricorda niente, diventa Luke, ritrova l’amata Irene, una cittadina che lo acclama come eroe e soprattutto un vecchio cinema, il Majestic, rimasto chiuso per troppo tempo. Naturalmente la memoria tornerà e con essa qualche conto da saldare…

Darabont, abbandonati Stephen King e l’ambientazione carceraria («Le ali della libertà» e «Il miglio verde»), conferma pregi e difetti del proprio cinema. Portato ai sentimenti, ma incapace di gestirli senza scivolare nel melodramma a effetto; legato a valori giusti e importanti, ma del tutto privo di ironia; attento alle fonti al punto da non riuscire a comporre opere dallo stile realmente personale; poco dotato di misura sia nel dosaggio delle emozioni sia nei tempi del racconto. In poche parole, «The Majestic» non è il film che avrebbe potuto essere con più attenzioni alla Storia e meno alle ragioni del cuore. Ma, proprio per questo, è una dichiarazione d’amore così appassionata ai sogni che il cinema è stato e sarà in grado di suscitare nella gente, da rendere molto problematica qualunque obiezione «scientifica». In fin dei conti, il maccartismo è finito e il cinema continua: nel duello tra sogni e realtà, hanno vinto i sogni.

THE MAJESTIC (Id.) di Frank Darabont. Con Jim Carrey, Martin Landau, Laurie Holden. USA 2001; Commedia; Colore