Tutti a spasso tra i grattacieli: «SPIDER-MAN»

DI FRANCESCO MININNIL’Uomo Ragno, forse il più amato degli eroi Marvel, nasce nel 1962 dalla fantasia di Stan Lee e dalla matita di Steve Ditko. Il rosso e il blu del costume (e non solo i colori) rimandano a Superman, con la differenza che Peter Parker non viene dallo spazio e acquisisce i poteri grazie al morso di un ragno. Quindi, l’Uomo Ragno a differenza di Superman può contare su un’eccezionale preparazione atletica e su qualche gadget (la ragnatela lanciata da un grattacielo all’altro), ma non è invulnerabile, non vede attraverso i muri e non viaggia nel tempo.

Dovrebbe essere, insomma, un eroe più a misura d’uomo. Il condizionale è d’obbligo, perché chiunque si azzardasse a ripetere alcune delle sue evoluzioni potrebbe avere sgraditissime sorprese.

Quel che non riusciamo a capire è in base a quali parametri il film di Sam Raimi «Spider-Man» possa essere definito «kolossal», «film-fenomeno della stagione», «trionfo dell’avventura» eccetera eccetera. Perché, se non ci sono dubbi sul fatto che l’Uomo Ragno di Raimi sia più spettacolare e rispettoso delle fonti di quello televisivo di Swackhamer del 1977 interpretato da Nicholas Hammond, ce ne sono molti sulla validità assoluta dell’operazione.

Da una parte il film può contare su buoni effetti speciali (ma niente di eccezionale), su un ritmo comunque vertiginoso, su una elementare ma perfettamente comprensibile base morale (ovverosia il perché Peter Parker si sia dedicato a combattere il crimine, con motivazioni molto simili a quelle che fecero nascere la vocazione in Bruce Wayne/Batman), sull’assoluta fedeltà al fumetto originale sia nel racconto che nell’iconografia dei personaggi. Dall’altra, però, deve combattere contro qualche gigante: l’attonita inespressività di Tobey Maguire, il ghigno surgelato di Willem Dafoe (più bravo quando esprime dubbi in stile Jekyll), la leziosità di Kirsten Dunst e soprattutto una storia che, a volerla leggere tra le righe, non esprime assolutamente niente. E torniamo alle ragioni di un successo: è ovvio che i fedelissimi della Marvel abbiano trovato in questo Spider-Man una soddisfacente incarnazione delle loro fantasie, ma è ancor più ovvio che Spider-Man, come tanti suoi colleghi, rappresenta le aspirazioni di una enorme maggioranza silenziosa pronta a credere per due ore che basti poco (giusto qualche superpotere) per dare un senso alla propria vita.

Peccato che Raimi, alle prese con un budget multimiliardario, abbia rinnegato alcune delle proprie caratteristiche visionarie per non uscire dal seminato di un successo sicuro. Stan Lee, supervisore della produzione, non glielo avrebbe permesso.

SPIDER-MAN (Id.) di Sam Raimi. Con Tobey Maguire, Willem Dafoe, Kirsten Dunst. USA 2002; Avventura; Colore