DI FRANCESCO MININNIIl mondo del pugilato come vetrina di perdenti in un certo senso votati all’autodistruzione è legato a due date cinematografiche: il 1949, anno di «Stasera ho vinto anch’io» di Robert Wise, e il 1972, anno di «Fat City» di John Huston. Un noir teso e durissimo il primo, un mesto dramma esistenziale e fatalista il secondo. «Shiner» di John Irvin, regista inglese che ha talvolta mostrato qualche ambizione («Tartaruga ti amerò», «Un mese al lago»), si inserisce nella tradizione senza lo spessore dei maestri, ma con notevoli notazioni ambientali, un buon contributo degli attori, un accettabile spessore psicologico/esistenziale e un senso di decadenza fisica e interiore che allontana ogni possibile divagazione eroica.Shiner è il soprannome di Billy Simpson, organizzatore di incontri di boxe che è sempre stato tenuto lontano dal grande giro. Per questo la possibilità che suo figlio Eddie possa vincere un titolo rappresenta per lui il momento della rivincita. Naturalmente le cose non andranno come Billy vorrebbe: da buon perdente, dovrà essere pronto ad accettare la sconfitta su tutti i fronti.Se non fosse per un finale in cui la necessità di tirare le fila del racconto porta a un sovraccarico di melodramma che rende tutto poco convincente, «Shiner» sarebbe un buon esempio di cinema medio, forse già visto, forse senza reali ambizioni, ma nel suo piccolo corretto e credibile. Accompagnato da un pessimismo senza speranza che esclude la rappresentazione di un’altra parte del mondo dove le cose vadano un po’ meglio, il film conferma le qualità di narratore di Irvin e, soprattutto, la dignitosa vecchiaia di Michael Caine, che presta a questi personaggi al limite del degrado un fisico conforme e un’espressività molto controllata.La boxe, in realtà, diventa quasi accessoria. «Shiner» è la storia di un uomo che fallisce come padre, come manager e come gangster, con un fatalismo a tutto tondo di stampo quasi kubrickiano. Senza remissione, ma con un certo senso di pietà che rende Billy Simpson, vittima degli eventi e di se stesso, mai realmente perverso e condannabile. Lo sceneggiatore Scott Cherry e il regista John Irvin non esprimono giudizi morali, d’altronde lampanti, ma preferiscono lavorare senza troppi compiacimenti sulle atmosfere, sugli ambienti e sulle conclusioni. Su tutto ciò, insomma, che ci possa aiutare a capire quanto debba essere gelido e triste un mondo senza amore.SHINER (Id.) di John Irvin. Con Michael Caine, Martin Landau, Frances Barber, Matthew Marsden. GB 2000; Drammatico; Colore