L’occhio dell’uomo e l’occhio di Dio: «MINORITY REPORT»

DI FRANCESCO MININNIL’intelligenza di Steven Spielberg non tradisce. Ormai abituato ai budget miliardari, l’autore è perfettamente in grado di conciliare lo spettacolo per il grande pubblico e le riflessioni da leggere tra le righe per chi va oltre il semplice effetto speciale. «Minority Report», tratto da un racconto di Philip K. Dick, è in questo senso il più complesso tra gli ultimi film di Spielberg: più di «A.I.», dove ogni significato era da ricondurre alla volontà postuma di Stanley Kubrick e in un certo senso apparteneva a Spielberg soltanto come depositario di un testamento del quale rispettare le clausole. In «Minority Report», invece, si può tornare a confrontarsi con Spielberg faccia a faccia. Pur prendendo atto che, stilisticamente, l’esperienza di «A.I.» ha lasciato il segno, il pessimismo cosmico lascia il posto a un’attenta riflessione nella quale non mancano elementi di speranza. John Anderton è un detective della pre-crimine, un corpo speciale che, nell’anno 2054, servendosi di tre pre-cog, veggenti in grado di «vedere» i delitti futuri, ferma gli assassini prima che possano commettere il crimine raggiungendo una media elevatissima di riduzione delle morti violente. Tutto funziona bene fino al giorno in cui John si scopre protagonista di una «visione» e passa automaticamente dalla parte dei ricercati. Ci vorrà un po’ di tempo per capire chi ha voluto tutto questo, ma soprattutto per rendersi conto che nessun futuro prescinde dalla libertà di scelta del singolo…Ci vorrebbe troppo spazio per esaurire il discorso sul film. Vi suggeriamo però di concentrarvi sul ruolo dell’occhio. I pre-cog vedono nel futuro. John vede le loro visioni. Tutto il sistema di sicurezza è basato sull’identificazione della retina. John deve farsi trapiantare gli occhi per sfuggire ai controlli. Il pubblico vede tutto questo mediato da Spielberg che guarda nella macchina da presa. Ne consegue che «Minority Report», che è certamente un film su un futuro che è già presente, su un progresso che può spaventare per la sua fallibilità, sul sacrosanto diritto di scegliere il proprio futuro invece di assoggettarsi a quello indicato da altri (il capovolgimento del fatalismo di «Arancia meccanica»), sull’importanza fondamentale del libero arbitrio e quindi della coscienza, è soprattutto un film sul cinema. Guardate Tom Cruise scegliere le immagini per individuare il luogo di un delitto e vedrete anche Spielberg immaginare i luoghi del film, guardare in macchina per scegliere l’inquadratura e, a riprese finite, esaminare il materiale girato in sala di montaggio. È l’occhio dell’uomo. Dopodichè, guardate la veggente Agatha che si stupisce di trovarsi in un «adesso» e che ripete a John che sta a lui decidere come sarà il futuro. E guardate la vita che ricomincia. È l’occhio di Dio.

MINORITY REPORT (Id.) di Steven Spielberg. Con Tom Cruise, Colin Farrell, Samantha Morton, Max von Sydow. USA 2002; Thriller; Colore