Un po’ di calore in questo mondo gelido: «TUTTO O NIENTE»

DI FRANCESCO MININNIPhil, tassista londinese un po’ sognatore e un po’ disperato, ha una moglie, Penny, due figli sovrappeso, Rachel e Rory, e tutte le difficoltà di chi deve camminare sul filo per arrivare in fondo al mese. D’altronde, il quartiere popolare in cui vive non è l’ideale per trasmettere calore: gente che urla, gente che beve, gente che si prende e si lascia con estrema facilità, donne in disfacimento fisico e morale, uomini assuefatti che non riescono più a sognare. Il giorno in cui Phil, stremato e sull’orlo del crollo nervoso, decide di spegnere la radio e il cellulare e di fare una corsa a vedere il mare, è proprio il giorno in cui Rory è colto da un attacco di cuore. Intorno al suo letto d’ospedale e, dopo, a casa, Phil e Rachel si guarderanno negli occhi per vedere se, sopra la spessa coltre di nubi, per caso splende sempre il sole.Mike Leigh è bravo come Ken Loach a raccontare storie di gente comune. Ma, come Ken Loach, è totalizzante: racconta solo quell’angolo di mondo dove vivono quelle persone, circondate esclusivamente da persone come loro cui accadono soltanto disgrazie. È per questa ragione che talvolta si fatica a credere che quanto sta accadendo abbia un fondamento di verità o non sia piuttosto un concentrato di drammi studiato ad arte per dimostrare una tesi sociale.

«Tutto o niente» procede su questa strada per circa tre quarti della sua durata, alternando episodi drammatici ad altri attraversati da una comicità mesta e apparentemente involontaria: come accadeva in «Ladybird Ladybird» di Loach dove, dopo che le autorità toglievano alla madre anche il quarto figlio, era difficile credere alla scritta «una storia vera». Poi, però, Leigh offre la chiave di lettura del film che, arrivando così tardi, dovrebbe consigliare una seconda visione: qualunque disgrazia, qualunque problema economico, qualunque difficoltà sembrano sempre meno gravosi se si ha la certezza di essere amati da qualcuno. Così i brutti, sporchi e cattivi ridiventano improvvisamente esseri umani e ci offrono un appiglio cui afferrarci con tutto il film, che, senza nulla togliere agli eccessi non sempre motivati della lunga prima parte e a tutta la differenza che corre tra ispirazione e semplice maniera, assume un significato inaspettatamente costruttivo. Non ottimista né consolatorio: semplicemente costruttivo.

Il meglio di «Tutto o niente» sta nell’interpretazione dei due protagonisti: Timothy Spall, attore prediletto da Leigh (era anche in «Segreti e bugie»), è nato per personaggi come Phil; Lesley Manville (era anche in «Topsy-Turvy») è una Rachel forse indimenticabile. E, sotto sotto, bisogna per forza prendere atto che in qualche parte del mondo possano accadere con frequenza impressionante avvenimenti come quelli raccontati da Leigh in un fazzoletto di Londra.

TUTTO O NIENTE (All or Nothing)di Mike Leigh. Con Timothy Spall, Lesley Manville. GB 2002; Drammatico; Colore