Non è mai facile leggere nei cuori: «LA MEGLIO GIOVENTÙ»

DI FRANCESCO MININNIMarco Tullio Giordana, mai distaccatosi nel suo complesso percorso d’autore dalla realtà sociale e politica dell’Italia dagli anni Settanta a oggi, va ammirato se non altro perché non esita ad assumersi tutti i rischi di operazioni difficili. Dal malessere esistenziale di «Maledetti vi amerò» alla riflessione sul terrorismo de «La caduta degli angeli ribelli» alla storia recente di Peppino Impastato de «I cento passi», Giordana ha sempre raccontato storie in difficile equilibrio tra attualità, melodramma e intimismo. Ma non ha mai corso tanti rischi come ne «La meglio gioventù», girato come un film e concepito come una fiction televisiva: sei ore di film per raccontare la storia della famiglia Carati dal 1966 al 2003 inquadrandola nella storia d’Italia.

Un’impresa un po’ monumentale e un po’ pretenziosa che, senza sapere niente della sceneggiatura di Petraglia e Rulli, rischiava in primo luogo l’omologazione con tanti prodotti di fiction Tv a causa del difficilissimo rapporto tra verità e melodramma, come dire tra Telegiornale e «Incantesimo». Possiamo dire che, se appaiono evidenti i difetti del prodotto, appare anche evidente la sincera buona fede dell’autore che, senza cavalcare l’onda dei drammi familiari tanto graditi al pubblico della prima serata, ha saputo evitare quasi tutto quello che potrebbe essere definito «troppo facile», ottenendo un risultato non omogeneo, talora faticoso, ma appassionato e cosparso di grandi intuizioni.

D’altronde, la strada non era facile. Perché non è mai facile leggere nei cuori delle persone senza cadere nelle frasi fatte della posta da rotocalco.Matteo e Nicola Carati, fratelli diversi come tutti i fratelli, seguono strade diverse. Il primo, irrequieto e scontroso dalla nascita, finirà nella Polizia. Il secondo, apparentemente più «avanti», diventerà medico dopo aver vissuto in prima persona tutte le grandi contestazioni ed essersi accasato con una donna che gli darà una figlia e che poi lo lascerà per affiliarsi alle Brigate Rosse. È evidente che queste poche righe non possono dare un’idea di cosa sia in effetti «La meglio gioventù».

Vi suggeriamo però di non cedere al possibile disagio suscitato dalla ricostruzione degli avvenimenti storici (l’alluvione di Firenze, il terrorismo, il ’68, la morte di Falcone) e di concentrarvi invece su una colonna portante del film: il bel personaggio di Giorgia, interpretato benissimo da Jasmine Trinca (la figlia di Nanni Moretti ne «La stanza del figlio») e facente funzione di coscienza e di cartina di tornasole. Nel marasma umano e sociale evocato da Giordana, Giorgia è una che ce la fa: con pazienza, con amore, con rabbia, senza alcunché di facile o scontato. L’idea portante del film è proprio questa: tutti possono farcela. Peccato che qualcuno si fermi prima del traguardo.

LA MEGLIO GIOVENTÙ di Marco Tullio Giordana. Con Luigi Lo Cascio, Alessio Boni, Jasmine Trinca, Adriana Asti.