Un’estate per riflettere… al cinema
Siccome, a quanto pare, qualcuno dei nostri lettori ci dà fiducia, speriamo vivamente che voglia seguire le nostre modeste indicazioni per un’estate cinematografica assolutamente alternativa. Il cuore altrove di Pupi Avati ci ripropone il regista bolognese nella sua forma migliore con una storia di ricordi, amore e cattiverie che non fanno diminuire la voglia di vivere e di combattere.
Lettere al vento di Edmond Budina ci offre la possibilità di vivere dall’interno il dramma dell’emigrazione albanese, con un occhio ai grandi modelli del neorealismo italiano. M’ama non m’ama di Laetitia Colombani è una sorpresa: la maniera migliore di liberare Audrey Tautou dal fardello creatole da Amelie, facendole interpretare un personaggio prima romantico, poi inquietante, infine pericoloso. Oasis di Lee Chang-Dong è un tentativo coreano di raccontare la storia di due emarginati (lui minorato mentale, lei spastica) con inevitabili eccessi e squarci di poesia. Il figlio di Pierre e Jean-Luc Dardenne è una rigorosa, durissima analisi dei rapporti interpersonali e della forza tonificante del perdono.
The Truth about Charlie di Jonathan Demme è un modo di rifare «Sciarada» di Stanley Donen con piena consapevolezza della propria autonomia d’autore. Femme fatale di Brian De Palma è l’ennesimo giocattolo a sorpresa da un autore fin troppo consapevole della propria bravura. Debito di sangue di Clint Eastwood è la rassicurante conferma del fatto che il duro più duro ha cominciato a valutare attentamente il passare degli anni. Ararat di Atom Egoyan è un’accorata difesa di solidarietà e tolleranza con tutti gli estremismi tipici dell’autore. La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, successo a sorpresa a stagione già conclusa, è un pezzo di storia italiana raccontata con passione a due passi dal melodramma.
Undisputed di Walter Hill, storia di un incontro di boxe all’interno di un carcere, è uno studio ben ritmato sulla dignità e il successo. L’uomo del treno di Patrice Leconte è un thriller crepuscolare e molto originale, occasione di un superbo confronto tre Jean Rochefort e Johnny Hallyday. Spike Lee è presente con due film molto diversi: Bamboozled è una sorta di reportage caustico e grottesco sulla condizione dei neri d’America, mentre La 25ª ora è una riflessione singolarmente ponderata sulle responsabilità della vita, su quanto vi sia di passeggero e sulla necessità di avere qualche certezza.
Tutto o niente di Mike Leigh, sempre in giro tra la povera gente di periferia, va a cercare le ragioni della speranza in una vita che sembra senza uscita. Bowling a Columbine di Michael Moore ci mette di fronte al rapporto tra gli americani e le armi: un imperdibile documento di costume che potrebbe dare risposte a molti perché. Giovani di Luca e Marco Mazzieri non cerca la via più facile per recuperare alla vita due ragazzi sbandati: ma, con una pazienza che deve essere anche la nostra, ci riesce. Baran di Majjd Majjdi racconta del rapporto tra iraniani e afghani, ma soprattutto di quale possa essere la strada per vedere la vita con occhi diversi.
S1mOne di Andrew Niccol è la conferma di un autore intelligente e capace di raccontare con gusto alcune stupidità americane: la diva virtuale è decisamente da non perdere. Il pianista segna il ricongiungimento di Roman Polanski con le proprie radici storiche: dopo una prima parte di repertorio, la seconda è da antologia. Kukushka di Alexander Rogozhkin racconta la guerra facendo incontrare tre persone (un russo, un finlandese e una lappone) che non capiscono i rispettivi linguaggi. Chaos di Coline Serreau parte alla grande con una storia di egoismo e solidarietà, finendo poi per trasformarsi in una commedia troppo rocambolesca.
E concludiamo con tre film che quasi tutti hanno visto ma che meritano ugualmente la segnalazione: la lezione di storia di Martin Scorsese in Gangs of New York, il coraggio di una difficile scelta di vita in Io non ho paura di Gabriele Salvatores e il difficile rapporto La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek. Nell’augurarvi buone vacanze, vi ricordiamo che pensare, al cinema, non è né brutto né faticoso né noioso. È solo utile per confrontarsi con chi la pensa diversamente da noi: si chiama civiltà.