«ANYTHING ELSE»
Poi c’è la donna: affascinante, piena di difetti, energica ma al tempo stesso terribilmente insicura, che un giorno scopre di non poter più avere rapporti sessuali con il suo uomo (il paziente, naturalmente) e di soffrire di ogni genere di ansie. Lui, però, pur sapendo di essere tradito e soffrendo della forzata astinenza, continua a morirle dietro in attesa di un’improbabile «guarigione».
Ed eccoci al paziente in persona: Jerry Falk, aspirante scrittore disposto a scrivere sketch e battute per comici radi e getta. Lo interpreta Jason Biggs, reduce dai trionfi di «American Pie», ma si tratta evidentemente di una proiezione di Woody Allen che, riservandosi il ruolo marginale di Dobel, non poteva rinunciare a spargere un po’ di sé su altri personaggi. Così nasce l’incubo: provate a immaginare di trovarvi circondati da tanti piccoli nevrotici (ovvero Woody Allen) che parlano, parlano e parlando non riescono a trovare il tempo di vivere. Con gusto, occasionali bordate umoristiche, godibili episodi collaterali, ma con la inevitabile difficoltà nel giungere a conclusioni diverse dal solito. L’amore? Un’illusione impossibile. Il successo? Una chimera. La serenità? Materia prima per i professionisti della psiche. La donna? Né con lei né senza di lei. L’amicizia? Roba di cui son fatti i sogni.
Non si può dire che l’immutabile scadenza di un film all’anno corrisponda per Woody Allen ad un analogo rifiorire dell’ispirazione. In «Anything Else» confluiscono temi di «Broadway Danny Rose», «Pallottole su Broadway», «Manhattan» e, sotto sotto, di tutti i suoi film. Questo vuol dire coerenza, ma anche obiettiva difficoltà di rinnovamento. Dall’autore de «La rosa purpurea del Cairo» e «Zelig» vorremmo qualcosa di più.
ANYTHING ELSE (Id.) di Woody Allen. Con Jason Biggs, Christina Ricci, Woody Allen, Stockard Channing.