«CANTANDO DIETRO I PARAVENTI»

DI FRANCESCO MININNIForse ha ragione Ermanno Olmi: in tempi in cui la guerra è di casa in ogni angolo del mondo, per arrivare alla pace è indispensabile credere in un’utopia. E così nasce un film coraggioso, delicatissimo, del tutto controcorrente, spesso poetico come «Cantando dietro i paraventi» che, facendo riferimento a una vicenda cinese a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, indica la via più breve per evitare un sanguinoso conflitto: il buonsenso.

Olmi, che sa di storia e di poesia, riesce a coniugare le due discipline con una disarmante semplicità, regalandoci un film bello e appassionante che sembra una favola dei tempi andati, ma che in realtà è un’allegoria applicabile ad ogni epoca.

Il testimone è uno studente occidentale che, partito per recarsi a una conferenza di cosmologia, si ritrova in un teatro-bordello dove, mentre le ragazze intrattengono i clienti, sul palcoscenico si rappresenta la vicenda della vedova Ching, divenuta piratessa dopo la morte per avvelenamento del marito. Con una ciurma di allegri disperati, semina il terrore nei villaggi della costa.

Finché, stretta d’assedio dalla flotta imperiale e indotta alla resa dall’arrivo di variopinti aquiloni portati dal vento che recano il messaggio «Del castigo e del perdono», si ritirerà a cantare dietro i paraventi, non rinunciando alla propria identità e continuando a celebrare la gioia della vita. L’utopia abbracciata da Olmi è quella che un imperatore dalle forze militari soverchianti invii un messaggio di riconciliazione con gli aquiloni e che una piratessa pronta a tutto lo accetti gettando la spada in mare. Se non è fede questa, proprio non sapremmo dove ancora andarla a cercare.

Film coltissimo e raffinato, «Cantando dietro i paraventi» non fa pesare nessuna delle sue qualità: meglio dare l’impressione di una «semplice» favola pacifista che parlare un linguaggio comprensibile a pochi. Dopo la rigorosa indagine storica de «Il mestiere delle armi», l’autore ritrova il piacere di una narrazione libera e articolata con l’idea vincente della rappresentazione teatrale che porta lo spettatore direttamente sul luogo dell’azione. In un cast interamente orientale, in cui la protagonista Jun Ichikawa non è un’attrice ma una studentessa di architettura, spicca la figura del narratore (in teatro) e capitano spagnolo (sulla nave) interpretata da Bud Spencer per la prima volta con il nome anagrafico di Carlo Pedersoli. Lui, che ha sempre amato «Metropolis» di Lang per il suo forte messaggio di pacifismo e tolleranza, nell’utopia di Ermanno Olmi deve essersi sentito come a casa propria. CANTANDO DIETRO I PARAVENTIdi Ermanno Olmi (2002). Con: Bud Spencer, Jun Ichikawa, Yang Li Xiang, Camillo Grassi, Makoto Kobayashi.

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