«IL SIGNORE DEGLI ANELLI: IL RITORNO DEL RE»

DI FRANCESCO MININNIÈ impossibile non prendere atto del fatto che con la monumentale trilogia de «Il Signore degli Anelli» Peter Jackson ha scritto una pagina importante dell’immaginario contemporaneo, con buone speranze di inserirsi in un Olimpo che gli garantirà una certa longevità. Tutto in virtù del fatto, al di là dei mezzi imponenti messi in gioco, di non aver minimamente tradito lo spirito (e anche la lettera) del romanzo di Tolkien, attenendosi strettamente a un tema semplicissimo ma suscettibile di innumerevoli sfumature: la lotta tra Bene e Male.

In questo Jackson, diversamente da quanto avrebbe fatto ad esempio Tim Burton, non si è lasciato fuorviare né da manie di grandezza né da deliri scenografici né dal miraggio del kolossal: «Il Signore degli Anelli» è certamente un kolossal, ma non fine a se stesso. A parte il fatto che vi scendono in campo elfi, nani, orchi, olifanti, hobbit e stregoni, appare evidente che prima Tolkien, poi Jackson ci hanno raccontato una storia che ci riguarda tutti da vicino e che è la storia dell’inarrestabile fiume della vita: una sorgente, molti affluenti, rapide tumultuose, persino qualche cascata, rocce sporgenti, silenzio e fragore e finalmente l’arrivo al mare.

«Il ritorno del Re», che chiude la trilogia, ha un difetto diametralmente opposto a quello dell’episodio di apertura «La compagnia dell’anello»: mentre quello allungava troppo i tempi per arrivare soltanto all’inizio del viaggio, questo, per tirare le fila di tutti i racconti iniziati, è costretto a una sintesi che lascia fuori qualcuno (dove sono Saruman e Vermilinguo?) e che fa sembrare le tre ore e venti di durata persino poche rispetto al necessario.

Ma la mancanza di difetti in oltre nove ore di film è un’utopia irrealizzabile. Meglio, allora, compiacersi dei molti meriti. La capacità di Jackson nel restituire con tanta proprietà (ad eccezione di Cate Blanchett/Galadriel) le creature dell’immaginario di Tolkien. La bravura degli sceneggiatori nel non perdersi per strada i pezzi del racconto. Le straordinarie bellezze naturali neozelandesi cui si affianca il grande lavoro degli architetti e scenografi (la città di Minas Tirith è un vero capolavoro).

Le battaglie, piatto forte del film, che evocano senza timori reverenziali l’assedio di Troia cantato da Omero e la battaglia di Azincourt narrata da Shakespeare. E infine Gollum/Smeagol, questo straordinario personaggio dalla doppia anima il cui ruolo sarà fondamentale nella soluzione del contendere e che, nonostante l’appartenenza alle schiere dei cattivi, non può non suscitare un sentimento di pietà. Peter Jackson sarà anche un folletto bizzarro e un po’ pazzo.

Ma chi, se non un folle, avrebbe potuto affrontare il romanzo di Tolkien con la precisa volontà di non lasciare fuori niente? Il nostro immaginario, che quando siamo in tanti diventa collettivo, gioisce e ringrazia.

IL SIGNORE DEGLI ANELLI: IL RITORNO DEL RE (The Lord of the Rings: the Return of the King) di Peter Jackson.Con Ian McKellen, Elijah Wood, Viggo Mortensen. USA/Nuova Zelanda 2003; Avventura; Colore