«PAYCHECK»

DI FRANCESCO MININNIDopo l’assoluta libertà di cui godeva lavorando a Hong Kong, nel trasferirsi a Hollywood John Woo ha dovuto fare i conti con lo «star system», con i budget miliardari e con la febbre del successo. Così, senza snaturarsi, ha cominciato a scendere a qualche compromesso. Con Tom Cruise («Mission: Impossible 2»), con un patriottismo non suo («Windtalkers») e adesso, in «Paycheck», con un tipo di film in cui può essere John Woo soltanto a sprazzi, rendendosi necessaria una narrazione più attenta alle sfumature di un puzzle della memoria che all’azione adrenalinica e totale.

Tratto (liberamente) da un racconto di Philip K. Dick, «Paycheck» (che significa più o meno «ricevuta di pagamento») trasforma le ossessioni dello scrittore, dalla perdita d’identità alla percezione del reale, in puro materiale d’intrattenimento. Se consideriamo che John Woo, inizialmente soltanto produttore, è subentrato nella regia in corso d’opera per sostituire l’esonerato Brett Ratner, si potrà capire meglio il perché di un film discontinuo e sostanzialmente estraneo agli abituali interessi dell’autore. Non fallimentare o deludente: semplicemente impersonale.

Michael Jennings, mago del computer, crea programmi avveniristici e software all’avanguardia. Nell’ambiente vige una regola: al termine del lavoro, per impedire fuga di notizie a beneficio della concorrenza, la memoria del soggetto è cancellata e riportata al giorno antecedente all’inizio dell’attività. Quando però, convinto dall’amico Rethrick, Jennings mette mano a un progetto veramente grosso, qualcosa gira storto. A lavoro finito, Jennings si ritrova solo, senza i milioni pattuiti e con una busta piena di effetti personali non suoi. Perseguitato dall’Fbi e da killer sparsi, l’uomo capisce che quegli oggetti gli torneranno molto utili per ricostruire i pezzi della memoria e risalire al perché di tutto. Il che, naturalmente, non sarà affatto facile…

Eliminate quasi del tutto le implicazioni esistenziali angoscianti e cupe, John Woo e lo sceneggiatore Dean Georgaris si concentrano sull’espediente, non nuovo ma sempre efficace, di ricostruire un puzzle i cui pezzi sparsi sembrano assolutamente privi di senso. Il risultato è spettacolarmente efficace, ma trasmette una sensazione di superficialità che non corrisponde all’importanza della posta in gioco. Quella che poteva essere una riflessione sul rischio implicito nell’oltrepassare certi limiti, diventa un film a inseguimento brillante ma tutt’altro che originale. Le amnesie di Gregory Peck, scienziato atomico, in «Mirage» di Edward Dmytryk, basterebbero da sole a far invocare il deja vu. Anzi, il deja Woo.

PAYCHECK (Id.) di John Woo. Con Ben Affleck, Uma Thurman, Aaron Eckhart, Paul Giamatti. USA 2003; Thriller; Colore