«TERRA DI CONFINE»

DI FRANCESCO MININNITornando al western dopo un’esperienza da attore («Silverado») e una da regista («Balla coi lupi»), Kevin Costner riesce ad abbattere quel po’ di prevenzione nei confronti di un «abbonato al kolossal» e realizza un film che, senza inventare alcunché, reclama un posto tra i non tanti che si sono seriamente impegnati per dire una parola sensata sull’epoca, sulla gente che l’ha attraversata e sull’implacabile scorrere del tempo. E lo fa nel modo giusto, innestando le notazioni storiche (sociali, ambientali, psicologiche) su un telaio che conserva quel tanto di mito indispensabile a far riconoscere il genere e a costruire uno spettacolo di assoluta solidità.

Nel 1882, quando pistoleri e mandriani stavano già assumendo le caratteristiche di impiegati al servizio di imprenditori (poi industriali) senza scrupoli, Boss e Charley tornano a casa con una mandria. Trovandosi a dover attraversare un territorio di proprietà di un grande allevatore, si scontrano con la sua smania di potere e ne fanno le spese: un collaboratore ucciso, un altro più giovane gravemente ferito. Mentre la cittadina comincia a schierarsi dalla loro parte, si prepara lo scontro finale….

Costner sa benissimo che molti classici hanno già affrontato gli stessi temi e non fa niente per nasconderlo. Sfilano così sotto i nostri occhi «Sfida infernale» di John Ford, «Il fiume rosso» di Howard Hawks, «Mezzogiorno di fuoco» di Fred Zinnemann e soprattutto «La legge del più forte» di George Marshall, che era costruito sul contrasto tra un allevatore indipendente (di pecore) e un delinquente arricchito proprietario di una città intera. I riferimenti, però, non danno mai l’impressione di una copia: proprio perché dichiarati, assumono il valore di un omaggio doveroso. Senza contare che ci vuole una certa dose di umiltà per ammettere di aver lavorato su materiale preesistente invece di pretendere l’originalità a tutti i costi.

In questo mezzo tramonto, il Charley di Kevin Costner ha un po’ del cinismo di Clint Eastwood e molto del romanticismo di Gary Cooper: proprio per questo motivo il tramonto non è così evidente e, a cose fatte, lascia il posto a un tono elegiaco che ci fa capire come il West, in fondo, non sia mai veramente finito, anche se spesso prolunga la propria esistenza soltanto perché sono in molti a pensare che la porta di casa sia sempre l’ultima frontiera. Ma «Terra di confine» è un’occasione soprattutto per Robert Duvall: il suo Boss, duro e indipendente ma non al punto da dimenticare di avere un cuore, ci ripropone il talento di un attore talmente bravo da non avere bisogno di riconoscimenti ufficiali.E Kevin Costner, capace di costruire una storia di ampio respiro evocando classici al cui confronto potrebbe anche non sfigurare, dimostra di avere ancora qualche freccia al proprio arco.

TERRA DI CONFINE (Open Range) di Kevin Costner. Con Kevin Costner, Robert Duvall, Annette Bening. USA 2003; western; colore

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