«KILL BILL Vol. 2»
Bill, in flashback, entra subito in azione. È insinuante, affascinante, praticamente letale. Ma è anche leggermente esagerato: le sue motivazioni del massacro che da il là a tutta l’azione sembrano francamente pretestuose, buone per giustificare un film che non assomiglia per niente a nessun tipo di realtà. E veniamo al punto chiave: «Kill Bill» non ha niente a che vedere con la realtà, ma si nutre esclusivamente di cinema. I duelli acrobatici sono cinematografici, i personaggi-simbolo sono cinematografici, la filosofia (orientale o occidentale che sia) è puramente cinematografica. Tarantino scherza con tutto, e più di tutto con il cinema. Peccato che questo non corrisponda a un’ironia di fondo: mentre scherza con il cinema (cioè con le fonti, con i maestri, con le scene madre), l’autore espone fatti che sembrano prendersi molto sul serio. D’altra parte, in un racconto fitto di citazioni visive e musicali, è molto difficile distinguere il vero dal falso.