«CERTI BAMBINI»

DI FRANCESCO MININNIQuando si rappresentano realtà crudeli e devastanti, non si può (non si deve?) andare tanto per il sottile. A rischio di incorrere nelle ire della censura, è indispensabile colpire duro per ottenere qualcosa. E colpire duro significa mostrare il necessario stando ben attenti a non oltrepassare la linea del compiacimento: raccontare la realtà (una realtà) senza farne uno spettacolo. Però, dovendo scegliere ci sembra opportuno rischiare qualcosa piuttosto che giocare in sottrazione: altrimenti può succedere di esporre un problema senza farlo capire realmente. «Certi bambini», che i fratelli Andrea e Antonio Frazzi («Il cielo cade») hanno tratto da un romanzo di Diego Da Silva, soffre di questa strana ambiguità.

Raccontata in flashback, la storia di Rosario, dodicenne napoletano iniziato alla strada del crimine da «saggi» maestri di vita, è storia di oggi. A quanto pare dai giochi d’infanzia alle miserie quotidiane, dalle bravate di quartiere al delitto il passo può essere molto breve. Soprattutto in città come Napoli, dove purtroppo la miseria quotidiana, la bravata di quartiere e il delitto non sono un’eccezione, ma la normalità. Così, tra infanzia negata e il peggiore dei viaggi iniziatici, diventa eccezionale il coraggio di chiunque voglia tendere una mano per offrire non un proiettile o un coltello, ma un libro scolastico, un lavoro vero o un pezzo di pane buono.

I fratelli Frazzi non aprono una strada. Ne trovano molte già aperte e vi si incamminano con un handicap: l’appartenenza a una generazione di illustratori e la lunga militanza nella fiction televisiva. Così «Certi bambini», più che un pugno nello stomaco, sembra una cartolina spedita con le migliori intenzioni da un mondo che qualunque quotidiano e qualunque telegiornale ci hanno insegnato a conoscere più brutto, più cattivo, più spietato. I Frazzi hanno il merito (e non è poco) di ricordarci che la vita è lì, pronta per essere vissuta con dignità e (ma oggi sembra diventata una brutta parola) normalità. Tra qualche ricordo delle inchieste televisive di Luigi Comencini, un episodio (l’esecuzione del cane) già raccontato da Damiani in «Pizza Connection» (era un cavallino), flash sparsi su brutture a diversi livelli raccontati sempre con il piede piantato sul freno, «Certi bambini» non può essere archiviato come una pratica inutile. Ma avrebbe proprio bisogno di un’iniezione di dura realtà che, così com’è, fa soltanto intuire: è un film che forse può farci indignare, forse commuovere, ma che purtroppo non ci fa star male. Tranne nella prima sequenza, con i quattro ragazzi che si sfidano ad attraversare l’autostrada incuranti del traffico ad alta velocità. Sembrerà assurdo, ma si capiscono più cose in questi cinque minuti che in tutto il resto del film.

CERTI BAMBINI di Andrea e Antonio Frazzi. Con Gianluca Di Gennaro, Sergio Solli, Nuccia Fumo, Carmine Recano. ITALIA 2004; Drammatico; Colore