«I DIARI DELLA MOTOCICLETTA»

DI FRANCESCO MININNIUn regista brasiliano, un produttore americano e un consulente italiano rappresentano un accostamento decisamente insolito. Se poi il progetto in questione riguarda un lungo viaggio in motocicletta nel Sudamerica dal quale lo studente in medicina Alfonso Guevara fu talmente scosso e segnato da scoprire in sé l’ansia di democrazia e giustizia sociale che lo avrebbero trasformato nel mitico Che, l’insolito diventa stimolante. Il regista è Walter Salles («Central do Brasil»), attento alle istanze degli emarginati e degli esclusi. Il produttore è Robert Redford, democratico intelligente ancorché perfettamente inserito nello star system hollywoodiano. Il consulente è (pensate un po’) Gianni Minà, dalla fede politica incrollabile e proprio per questo bisognosa di una «mediazione» spettacolare per poter arrivare al grande pubblico.

«I diari della motocicletta» nasce da un diario tenuto da Alfonso Guevara e Alberto Granado nel 1952 quando, a bordo di una Norton 500 del ’39, intrapresero un viaggio che, dall’Argentina alla Colombia al Perù al Brasile, li portò non soltanto alla scoperta geografica di un continente multiforme e tutt’altro che facile da percorrere, ma a quella interiore di una realtà sociale profondamente ingiusta e sbagliata, al punto da convincere uno di loro a farsi portabandiera degli oppressi fino al sacrificio estremo.

Sembra facile raccontare una storia così, quando Alfonso non era ancora il Che, basandosi su una testimonianza di primissima mano e su una sincera aspirazione democratica. Sembra facile perché non comporta i rischi che hanno già portato al fallimento i pochi che si sono occupati di Che Guevara nella sua esperienza rivoluzionaria cubana: in fondo, qui si trattava soltanto di raccontare la storia di un giovane studente che, a contatto con le miserie del paese, decide quale debba essere la strada da seguire per essere veramente utile al prossimo. Ma facile non è: se l’esperienza rivoluzionaria comporta i rischi di un’oleografia da settimanale, questa raccontata da Salles richiede un’analisi interiore che non può dare niente per scontato.

Il risultato, pieno di dignità e con accenti di autentica sincerità, resta sospeso tra le intenzioni e una realizzazione che fatalmente, ispirandosi a un diario di viaggio, risente di una struttura episodica che tende a sintetizzare eccessivamente un percorso probabilmente più complesso. Si ha l’impressione che, molto attento a non enfatizzare, Salles abbia schiacciato il pedale del freno ogni volta che poteva scendere in campo la passione. «I diari della motocicletta», film utile e attuale nonostante sia passato mezzo secolo dall’epoca in cui si svolsero i fatti, sembra più un toccante album fotografico che l’immagine di un importante percorso interiore, con l’eccezione di due episodi (l’incontro con i minatori e il lavoro nel lebbrosario) in cui gli autori centrano pienamente gli obiettivi prefissi. I due protagonisti Gael Garcia Bernal (Guevara) e Rodrigo de la Serna (Granado, ancora vivente e che compare brevemente nell’ultima, significativa immagine del film) sono bravi e ben assortiti. «I diari della motocicletta» è comunque un’esperienza da fare: se non altro perché fa capire molto bene che nella vita c’è bisogno di scelte e che non si può sempre rimanere semplici spettatori.

I DIARI DELLA MOTOCICLETTA (Diarios de motocicleta) di Walter Salles. Con Gael Garcia Bernal, Rodrigo de la Serna, Mercedes Moran. ARG/D/GB/USA 2004; Drammatico; Colore

Il sito italiano del film