«LE CHIAVI DI CASA»

DI FRANCESCO MININNIAnche quando ci piace un po’ meno (come in «Lamerica», come in «Così ridevano»), Gianni Amelio mostra sempre una grande attenzione, si direbbe quasi una passione per l’essere umano, protagonista della storia (poco importa se con la maiuscola o con la minuscola) e quindi primo obiettivo della sua macchina da presa. In questo Amelio può anche essere considerato un figlio del neorealismo, più di De Sica e Blasetti che di Rossellini, con le sue storie di gente comune, di gioie e sofferenze, di problemi quotidiani dei quali non si capisce l’entità se non avendoli vissuti in prima persona. E adesso, con «Le chiavi di casa», Amelio torna ai massimi livelli, confermandosi esploratore laico dell’animo umano ma anche ben disposto alla speranza e all’amore identificate come le due forze che fanno andare avanti il mondo.

Liberamente tratto dal libro autobiografico di Giuseppe Pontiggia «Nati due volte», è un raro caso in cui «liberamente» vuol dire proprio senza alcun debito o somiglianza con la pagina scritta. Ma anche con la piena consapevolezza che, senza l’esperienza di Pontiggia, il film non sarebbe mai nato.

Gianni deve affrontare le proprie responsabilità accompagnando il figlio Paolo, disabile, a Berlino per alcuni esami medici in previsione di un intervento. Che un padre accompagni un figlio bisognoso di cure è cosa del tutto naturale. Diventa problematica, però, se è la prima volta che i due si vedono. Alla nascita di Paolo, la madre morì inducendo in Gianni un atteggiamento di ribellione: per quindici anni si è rifiutato di vedere il figlio, cresciuto dagli zii. Il viaggio a Berlino sarà l’occasione di guardarsi dentro e scoprire che non è facile chiudere le porte all’amore.

Ne «Le chiavi di casa» non c’è alcuna di quelle componenti che ne avrebbero sminuito la forza e che di solito si trovano nei film che Hollywood dedica agli handicappati: né astuzia spettacolare, né falsità, né sentimentalismo. Amelio lavora da ricercatore e predilige i primi piani e mezzi primi piani dai quali, anche con inquadrature fisse di insolita lunghezza, trarre dai suoi attori un’interiorità indispensabile per comprendere il reale sviluppo della vicenda. Che, nel caso specifico, porta a una conoscenza, a una scoperta, a un bisogno dell’altro che opportunamente riscaldano un mondo sempre più freddo.

Kim Rossi Stuart è maturato e lo dimostra dando accenti di sincerità a un personaggio tutt’altro che facile. Charlotte Rampling, con la sua consumata esperienza, è un investimento sicuro. Ma Andrea Rossi, disabile autentico, non è soltanto una scommessa vinta: è una luce che, partendo da Pontiggia, rimbalza su Amelio, riempie lo schermo e rinfranca tutti. Tutti quelli che ancora sanno che il cuore non è soltanto un muscolo.

LE CHIAVI DI CASA di Gianni Amelio. Con Kim Rossi Stuart, Andrea Rossi, Charlotte Rampling, Pierfrancesco Favino. ITALIA 2004; Drammatico; Colore