«LA MALA EDUCACION»

DI FRANCESCO MININNIChi va a caccia di scandali probabilmente rimarrà deluso. «La mala educaciòn» di Pedro Almodovar non è un film scandaloso: eccessivo, polemico, rabbioso sì, ma non scandaloso. E in questa sua mancanza di provocazione diretta diventa persino reticente e contraddittorio. Soprattutto quando ci si rende conto che la vena autobiografica dell’autore si è inchinata all’amore per il melodramma, che la sua vis polemica ha ceduto il passo a un complesso meccanismo di cinema nel cinema che diventa rapidamente totalizzante. Insomma, questa volta il regista ha contato più dell’autore: «La mala educaciòn» è un film virtuosistico e costruito, ma molto di maniera e non particolarmente sincero.

Enrique, regista, riceve la visita di un compagno di collegio, Ignacio, che fa l’attore ed è in cerca di lavoro. La loro vita è stata segnata dalla cattiva influenza di un sacerdote, don Manolo, responsabile di molestie e violenze e in un certo senso facitore del loro destino. Ma, mentre Enrique è proprio chi dice di essere, Ignacio non è Ignacio. Il vero Ignacio, transessuale e tossicodipendente, vive altrove, e chi si è presentato a Enrique è suo fratello Juan. È ovvio che non basterà un film per far tacere i fantasmi del passato.

«La mala educaciòn» è essenzialmente un film contro il potere, che può decidere delle vite delle persone senza tener conto delle loro legittime aspirazioni e del loro diritto alla libertà. E va bene. Ma qui cominciano le contraddizioni: se Almodovar ama tanto le diversità, perché riserva un trattamento così spietato a don Manolo? E se voleva convincerci della malvagità del personaggio, perché non indugia sulle sue perversioni invece di lasciarle sempre fuori scena? E, dal momento che Enrique e Ignacio ai tempi del collegio erano già innamorati, perché dividere le loro strade in un modo che sembra più cinematografico che reale? Ecco, il problema del film è proprio quello, per una volta, di essere troppo cinematografico.

Attentissimo a far quadrare tutti i conti del film nel film, Almodovar ha trasformato un atto d’accusa tipo «Magdalene» in un raffinato gioco a incastro concepito più come atto d’amore verso il cinema che come autentica ricerca delle radici di un’esistenza. Finisce così che le due cose insieme non possono convivere: se si prende il cinema non si capisce il perché della scelta dell’argomento, se si prende la polemica non si capisce il perché della mancanza di tanti particolari che avrebbero reso l’invettiva più bruciante.

«La mala educaciòn» non è il film che Almodovar avrebbe realizzato all’epoca del furore iconoclasta de «L’indiscreto fascino del peccato». Nel frattempo, innamoratosi del cinema anche nei suoi meccanismi più dozzinali e popolari, Almodovar ha lasciato da parte il passato vissuto e ne ha inventato un altro concepito in funzione della macchina da presa. «La mala educaciòn» non dà scandalo: assomiglia più a una terra di nessuno dove si vive e si muore per il breve arco di due ore. Cioè per finta.

LA MALA EDUCACION (Id.) di Pedro Almodovar. Con Gael Garcia Bernal, Fele Martinez, Daniel Gimenez Cacho, Francisco Boira. SPAGNA 2004; Drammatico; Colore

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