«NEMMENO IL DESTINO»

DI FRANCESCO MININNIDaniele Gaglianone, anconetano trapiantato a Torino, è un giovane autore da tenere d’occhio. È riuscito con ammirevole misura a raccontare, quattro anni fa, il disagio e la memoria degli anziani ne «I nostri anni», così come riesce oggi a raccontare il disagio e la ricerca di una memoria dei giovani in «Nemmeno il destino». Argomenti a rischio: nel primo caso era la Resistenza, nel secondo il disadattamento giovanile in una metropoli spersonalizzante. Gaglianone, forte di coraggio e, se Dio vuole, di chiarezza, ha evitato quasi tutti i rischi: «I nostri anni» non era il solito film sulla Resistenza da proiettare il 25 aprile nelle piazze, «Nemmeno il destino», per quanto debitore di idee e accadimenti da storie già raccontate, non è il solito piagnisteo su quanto sia impossibile uscire da un tunnel che esiste ma non è a sfondo cieco.

Si comincia con una dedica sospetta: alle cose perdute per sempre. Ma Alessandro e i suoi due amici di scuola (che in realtà sono più amici di strada), predisposti da situazioni familiari disperate a un’evoluzione sbagliata, non sono disposti a perdere e, a modo loro, lottano. Uno fuggendo (non sapremo mai dove), uno volando col motorino giù da un palazzo in costruzione, uno (cioè Alessandro) ribellandosi con un gesto di solidarietà estrema (l’incendio di un appartamento da cui sono stati sfrattati due cari amici) che lo porta all’ingresso forzato in una comunità di recupero. E qui Alessandro avrà modo di capire e, soprattutto, di essere capito. Al punto che, cresciuto e maturato, riuscirà finalmente ad avvicinarsi alla madre senza essere scoraggiato dalla sua follia.

Il bello di «Nemmeno il destino» sta proprio nella possibilità di seguire un percorso interiore in cui non c’è niente di falso o artefatto. Gaglianone usa la macchina da presa in modo da costringere lo spettatore a non rilassarsi, con un’immagine sporca che corrisponde alle miserie rappresentate. Ma è anche capace di un cambiamento di stile quando è il momento di risalire la china. Soprattutto è capace di non adagiarsi sul pessimismo e, come accade in «Rosetta» o «Il figlio» dei Dardenne o in «Giovani» dei Mazzieri, di andare disperatamente alla ricerca di una ragione di speranza. Per tanti Alessandro che finiranno male, questo ha la forza e l’aiuto necessari per rialzare la testa e riprendere coscienza di una memoria che, proprio perché dolorosa, non può essere rifiutata per continuare a vivere.

Certo, «Nemmeno il destino» è meno originale de «I nostri anni». Ma qualunque film sia capace di far riflettere, suscitare un dibattito e ripeterci che non tutte le cose tristi accadono lontano da noi, deve necessariamente essere il benvenuto. Con Mauro Cardella, Fabrizio Nicastro e Giuseppe Sanna: tre giovani di oggi che, non essendo attori, sono ricchi di verità.

NEMMENO IL DESTINO di Daniele Gaglianone. Con Mauro Cordella, Fabrizio Nicastro, Giuseppe Sanna, Lalli. ITALIA 2004; Drammatico; Colore/Bianco&Nero