«L’UOMO SENZA SONNO»

DI FRANCESCO MININNIUn film riuscito può anche essere dovuto al caso. Due fanno tendenza. È per questo che, realizzando «L’uomo senza sonno», Brad Anderson conferma l’ottima impressione suscitata con «Session 9», ripropone uno stile inquietante perfettamente riconoscibile, dà la replica (senza ripetersi) della sua discesa all’interno di una coscienza tormentata e si candida come autore indipendente da tenere d’occhio. Tutto questo senza concedere niente al pubblico meno esigente e proseguendo su una linea tematica e stilistica interessante e tutt’altro che semplice. A ben guardare, l’unica concessione sta nel fatto che il contenitore dei film di Anderson potrebbe essere associato all’horror esoterico o al thriller psicologico: accettabile, ma da non seguire fino in fondo nell’aspettativa di una soluzione interamente fantastica o interamente logica.

Trevor Reznik, operaio alle macchine, non dorme da un anno. Vive solo, si confida soltanto con la prostituta Stevie, parla con la barista dell’aereoporto Marie, è perseguitato da sinistri personaggi e incubi a occhi aperti. Magro fino al patologico («Se tu fossi più magro, spariresti»), Trevor provoca un incidente sul lavoro che causa ad un collega la perdita di un braccio: dopodiché comincia a vedere persone che non ci sono, ad essere convinto di un complotto ai propri danni, a cercare qualcuno disposto a credergli. Quando i pezzi si ricomporranno (non proprio tutti: quasi tutti), potremo misurare il baratro della follia e la forza devastante del senso di colpa.

La scommessa di Anderson è rischiosa: far sì che il pubblico si interroghi continuamente sulle visioni di Trevor, sulle persone che quotidianamente incontra e sulle esperienze che vive, chiedendosi se tutto ciò esista realmente o sia soltanto il frutto di una mente malata. La differenza, rispetto a «Session 9», è che qui è molto difficile credere a un mondo intero coalizzato contro il protagonista, il che rende comunque prevedibile una spiegazione di tipo razionale. Superato questo scoglio narrativo, però, «L’uomo senza sonno» ha da offrire un andamento ricchissimo di riferimenti colti: Trevor legge «L’idiota» di Dostojevskij e «Il castello» di Kafka, la musica di Roque Banos evoca le sonorità di Bernard Herrmann per Hitchcock, il complotto nel quale ogni faccia conosciuta potrebbe nascondere un nemico è materiale di Polanski e de «L’inquilino del terzo piano», la comparsa e scomparsa di personaggi sinistri e i continui scambi di ruolo rimandano agli incubi di David Lynch.

Il tutto, però, convogliato dall’autore nel suo passatempo preferito: l’indagine all’interno dell’uomo alla ricerca di quei meccanismi che, nel bene e nel male, possono cambiargli la vita. Con un protagonista, Christian Bale, che per meglio calarsi nel personaggio si è sottoposto a una dieta ferrea raggiungendo il peso di kg. 45: irriconoscibile e bravissimo.Meno fatalista di «Session 9», «L’uomo senza sonno» propone un quesito interessante. Negli anni Trenta l’operaio di Chaplin, stressato dalla catena di montaggio, aveva la forza di rientrare nel mondo vero. Oggi l’operaio di Anderson, uscendo dall’incubo, in cosa mai potrebbe rientrare? L’UOMO SENZA SONNO(The Machinist) di Brad Anderson.Con Christian Bale, Jennifer Jason Leigh, Aitana Sanchez-Gijon. SPAGNA 2004; Thriller; Colore