«HAWAII, OSLO»

di Francesco MininniUn infermiere di Oslo è tormentato dall’avverarsi di alcuni suoi sogni. Un paziente, Leon, sta per compiere 25 anni e attende il ritorno della ragazza che, anni addietro, gli salvò la vita. Suo fratello, che è in carcere ma gli ha fatto credere di essere alle Hawaii, ha a disposizione un permesso premio e studia un colpo che dovrebbe risolvergli la vita. Una coppia ha appena avuto un figlio maschio che soffre di una malformazione cardiaca ed avrebbe bisogno di una grossa somma di denaro per farlo operare in America. Due ragazzini, rimasti orfani di padre, vivono allo sbando nella prospettiva di essere affidati alla pubblica assistenza. La loro madre torna a farsi viva, con evidenti problemi di relazionalità.

Non ci sono soltanto Robert Altman e Paul Thomas Anderson capaci di raccontare storie corali e concentriche nelle quali si adombra lo sfascio di una società a corto di valori. Erik Poppe, norvegese, che sicuramente ha ben presenti i loro film, ha tentato di applicare il principio strutturale a una vicenda che parte invece da un presupposto diverso. Pur consapevole delle tristezze quotidiane, del crollo dei valori e dei gravissimi problemi sociali che ci affliggono, Poppe è andato alla ricerca di sogni, illusioni, desideri e ambizioni. In un certo senso «Hawaii, Oslo» è la cronaca di differenti ricerche di ragioni di vita.

Senza proclami moralistici né chiusure preconcette, Poppe ha tentato di raccontare come talvolta sia possibile svegliarsi da un brutto sogno per tornare ad affrontare l’ordinaria follia con rinnovate forze e con la consapevolezza che talvolta gli episodi positivi aspettano soltanto qualcuno che permetta loro di accadere. E naturalmente, non mancando di senso della realtà, ha anche raccontato come altre volte siano i sogni sbagliati a condurre la gente a un brutto risveglio. In ogni caso, «Hawaii, Oslo» racconta una verità che è la stessa sotto ogni cielo di questo mondo: da soli non si vive. Il che significa sia che è necessario inserirsi consapevolmente in una società composta di esseri umani, sia che talvolta le nostre azioni aiutano il prossimo senza che noi lo sappiamo: e che comunque tutto porta acqua al mulino della vita.

Poppe racconta le sue storie mettendosi nei panni di un burattinaio che fa sì che tutte le marionette si ritrovino al posto giusto nel momento giusto. Azzarda qualche strana citazione criptata: come non pensare a Forrest Gump quando vediamo Leon correre a perdifiato o una piuma che vola sull’asfalto? Ma soprattutto, con l’aiuto di una buona colonna musicale e di attori molto naturali, si aggira per le strade di Oslo (spesso usando la camera a mano) bussando ad ogni porta (anche le nostre) per ricordare a sé e agli altri (anche a noi) che non c’è niente di già scritto che non possa realizzarsi in modo diverso. Magari migliore.

HAWAII, OSLO (Id.) di Erik Poppe. Con Trond Espen Sein, Jan Gunnar Roise, Evy Kasseth Rosten. NORVEGIA 2004; Drammatico; Colore