«TIME»
See Hee e Jin Woo si amano e vivono insieme da due anni. See Hee, però, è convinta che lui sia stanco della sua faccia e, dopo aver maturato una gelosia quasi patologica, decide di ricorrere alla chirurgia estetica per cambiarsi i connotati. Dopodiché, passeranno mesi prima che possa tornare a mostrarsi all’amato. E anche di più: in un certo senso See Hee aspetterà di incontrarlo «per caso» e poi, senza dichiararsi nella sua vera identità, di farlo nuovamente innamorare. Ma, dal suo punto di vista, Jin Woo si innamorerà di un’altra…
È chiaro che il paradosso di Kim Ki-Duk investe la sfera di quel particolare problema psicologico che si definisce «accettazione di sé» e che l’autore lo percorre senza appendici scientifiche, ma sfruttando al massimo le possibilità visionarie offerte dal racconto. Il tutto è comunque affascinante, in certo qual modo appassionante e raggiunge il suo climax nella scena in cui i due innamorati si incontrano in un bar. Lui con la propria faccia, lei con una maschera ricavata da una fotografia della faccia di prima. Uno, nessuno, centomila e quant’altro. Ma la vera domanda è: ci si conosce talmente poco da non essere in grado di riconoscersi soltanto perché si ha una faccia diversa?
Ki-Duk racconta tutto questo riuscendo, almeno fino a pochi passi da una conclusione che naturalmente è un inizio, a non cedere alla tentazione di esagerare oltrepassando quella linea che può trasformare il grottesco in ridicolo. Considerando il tipo di tematica affrontata e le caratteristiche del suo stile, bisogna dire che l’autore ha fatto veramente miracoli. Si esce da «Time» con la precisa sensazione che tutto quanto abbiamo visto ci riguardi da vicino: basta pensare che non è indispensabile ricorrere alla chirurgia per cambiare faccia e il gioco è fatto. Ma, naturalmente, è tutt’altro che un gioco.
TIME (Id.) di Kim Ki-Duk. Con Jung-Woo Ha, Hyeon-a Sung. COREA 2006; Drammatico; Colore