«THE DEPARTED»

DI FRANCESCO MININNI«Infernal Affairs» è stato un grande successo del 2002 a Hong Kong. Seguito nel 2003 da due sequel, sempre diretti da Andrew Lau e Alan Mak, ha evidentemente colpito la fantasia di Martin Scorsese, che ha deciso di farne un costoso remake ambientato a Boston. Così nasce «The Departed», che è una parola dal doppio significato: può voler dire sia «defunto» che «deviato». E siccome nel film ci sono tanti defunti quanti deviati (ovvero persone che fanno il doppio gioco), prendiamo per buone entrambe le versioni. Quel che invece non ci è riuscito prendere per buono fino in fondo, a dispetto dei clamori critici che parlavano di capolavoro augurandosi una pioggia di Oscar (come se le due cose andassero sempre a braccetto), è il film stesso. Certo, Scorsese gira come pochi, ha un senso del ritmo straordinario, sa dirigere gli attori e ha un’idea ben precisa dell’interiorità e delle crisi di coscienza che a più riprese hanno fatto definire il suo cinema «morale».

Questa volta, però, procede per luoghi comuni che non riesce a correggere né con l’ironia né con il paradosso. E a questo punto sarà opportuno ricordare che, per quanto espertissimo di storia del cinema e potenziale citazionista a tempo pieno, Scorsese ha sempre preferito muoversi con le proprie forze creando uno stile personalissimo e inconfondibile. Tranne due casi in cui la sua passione lo ha portato a tentare la rischiosa operazione del remake: «Cape Fear» e, appunto, «The Departed», che con tutto lo stile possibile restano comunque due film di genere in cui l’autore potrebbe trovare maggiori difficoltà a dare un’impronta realmente personale.

C’è un gangster luciferino, Frank Costello, che tira su un ragazzo senza avvenire, Colin Sullivan, lo fa studiare da poliziotto e poi se ne serve come infiltrato. C’è un altro ragazzo senza avvenire, Bill Costigan, che la polizia usa come infiltrato nella banda di Costello. C’è una psicologa che entrambi amano e che resta incinta (non sapremo mai di chi, anche se un’idea ce l’abbiamo). Ci sono poliziotti che sembrano tutti d’un pezzo e invece si dimostrano pronti a tradire chiunque a qualunque prezzo. E c’è una resa dei conti finale che non risparmia nessuno.

Ora, se la memoria non ci inganna, da «Angeli con la faccia sporca» a «Pietà per i giusti», da «Ore disperate» a «L.A. Confidential», da «Le catene della colpa» a «L’infernale Quinlan», stiamo parlando di cose che rappresentano la colonna portante del noir americano e che quindi non sono una novità. Lo strano percorso di «The Departed» è quello di un film che nasce a Hong Kong sulla base di forti influenze americane e che quindi Scorsese non fa altro che riportare in America dove abitava già. Girato benissimo, totalmente fatalista nel suo prendere in considerazione soltanto personaggi negativi privati di qualunque alone romantico, implacabile nell’emettere sentenze ed eseguire condanne, «The Departed» è però una semplice incursione d’autore in un terreno fin troppo conosciuto. Con un bravo Leonardo Di Caprio, un Matt Damon più attonito del necessario e un Jack Nicholson costantemente sul filo dell’eccesso. Non è un capolavoro, ma un noir con i fiocchi che, in momenti di particolare buona vena, avrebbe potuto girare anche un regista meno grande di Scorsese.

THE DEPARTED (Id.) di Martin Scorsese. Con Matt Damon, Leonardo Di Caprio, Jack Nicholson, Mark Wahlberg, Martin Sheen. USA 2006; Thriller; Colore