Un anno di cinema: 2006, salvati per voi
B come Gela Babluani: 13 Tzameti, girato in bianco e nero con pochi soldi, è un documento esistenziale di una durezza lancinante. B come Zana Briski e K come Ross Kauffman: Born into Brothels, girato nel quartiere a luci rosse di Bombay, ci fa conoscere un’umanità sofferente e bisognosa di aiuto, ma anche bambini che non perdono il sorriso.
D come Vittorio De Seta: da anni inattivo, mantiene con Lettere dal Sahara freschezza d’ispirazione e nobiltà d’intenti. D come Manoel De Oliveira: ultranovantenne, scherza con il cinema e i suoi miti dando con Belle Toujours un seguito ironico e raffinatissimo a «Bella di giorno» di Buñuel.
E come Clint Eastwood: Flags of Our Fathers non è un capolavoro, ma riflette sulla guerra e su chi ci specula con maturità e durezza.
G come Peter Gröning: Il grande silenzio è un’immersione totale nella spiritualità dei certosini di Grenoble dalla quale si potrebbe uscire un po’ più consapevoli dei nostri limiti.
I come Otar Iosseliani: il settantaduenne georgiano continua a filosofare sulle assurdità del male di vivere e, con Giardini in autunno, realizza un capolavoro di ironica poesia.
J come Anders Thomas Jensen: Le mele di Adamo è il film danese più sorprendente degli ultimi anni, dove cinismo e cattiveria lasciano il posto a una imprevedibile ventata di speranza.
K come Kim Ki-Duk: Time, tolto qualche simbolismo troppo scontato, va alla ricerca dei perché dell’esistenza e trova soltanto persone alla disperata ricerca di un’identità.
M come Deepa Mehta: Water racconta la condizione femminile in India con ricchezza figurativa e consapevolezza storica. M come Nanni Moretti: Il caimano non è un film su Berlusconi, ma sul cinema e sulla vita.
N come Christopher Nolan: The prestige, cinico e raggelante, è il blockbuster che non ti aspetti. R come Sergio Rubini: La terra è un thriller antropologico con attori bravissimi, atmosfere incalzanti e un grande affetto per la natìa Puglia.
R come Alain Resnais: a 83 anni riesce a rinfrescare il proprio stile e a raccontare con Cuori la voglia di vivere, foss’anche da soli.
S come Steven Spielberg: Munich è una riflessione da non trascurare sulle ragioni di una guerra non catalogata come tale e ben lontana dall’essere finita. S come Steven Soderbergh: dopo due o tre blockbuster miliardari, ritrova con Bubble la voglia di raccontare una storia vera e sfodera uno stile essenziale che ci costringe a riflettere su solitudine e follia.
Il fatto che Woody Allen abbia 71 anni, Gianni Amelio 61, Robert Altman 81, Vittorio De Seta 83, Manoel de Oliveira 88, Clint Eastwood 76, Otar Iosseliani 72, Alain Resnais 83 dovrebbe forse farci riflettere sul valore dell’esperienza e sui frutti cui può portare un lavoro costante e fondato su basi solide. Largo ai giovani, dunque. C’è posto per tutti.