«HO VOGLIA DI TE»

/DI FRANCESCO MININNIIn un certo senso è triste pensare che si possa aver provato disappunto per esserci predisposti al peggio e ritrovati davanti al niente. Se «Tre metri sopra il cielo» rappresentava con toni altamente discutibili una generazione irrequieta e alla ricerca (o no) di valori cui appigliarsi, il sequel «Ho voglia di te» non rappresenta proprio niente. Nel senso che, poggiando sul vuoto pneumatico e sullo zero stilistico dei best-seller di Federico Moccia, operazioni del genere non possono che mostrare alla distanza le radici culturali da cui provengono e che sono, chissà perché, legate a fattori di finzione e non di realtà.

«Tre metri sopra il cielo» rincorreva, molto da lontano, i fantasmi di «Gioventù bruciata» di Nicholas Ray, che era comunque la spettacolarizzazione di un fenomeno sociale. «Ho voglia di te» ci proietta, di punto in bianco, nella commedia hollywoodiana degli anni Quaranta e Cinquanta, con particolare riferimento a «Scandalo al sole» di Delmer Daves. Questo significa che, abbandonate le iniziali velleità «ribelli», tutti si adagiano sulla maniera: dei caratteri, dei sentimenti, delle motivazioni, dei mezzi e del fine. È ovvio che un’evoluzione del genere non ci allontana dalla realtà: gli episodi, i fenomeni rappresentati fanno parte del vissuto contemporaneo. Ci allontana, però, dall’osservazione della realtà. Tutto è dato per buono. Basta che le platee strapiene di ragazzine scattino in applausi di approvazione all’entrata in scena di Step (ovvero Riccardo Scamarcio), alla sua reazione di fronte a episodi di ordinaria imbecillità, ai suoi sguardi da bel tenebroso. A tutto ciò che, ad ogni pie’ sospinto, può far sussurrare «Ma quant’è bbono!».

Già, Step. Dopo due anni di «esilio» americano torna a Roma. E, pensate un po’, c’è Ginevra, detta Gin, che lo ha visto due anni prima e da due anni attende l’occasione di agganciarlo e che è disposta ad inventarsi le trovate più astruse per trasformare un sogno (incubo?) in realtà. E dunque, Step e Gin stanno insieme. Babi, che sta per sposarsi ma ancora pensa ai tempi delle corse in moto, ha bisogno di rivedere Step («per capire», dice lei). L’incontro potrebbe incrinare il rapporto tra Step e Gin, nonostante la promessa d’eterno amore rappresentata da un lucchetto attaccato al Ponte Milvio. Ma al cuore, da che mondo è mondo, non si comanda.

Nel mezzo, una ragazza resta incinta ma non sa di chi. Un’altra vorrebbe far carriera in televisione senza sapere (sarà l’unica?) che ci sono regole non scritte da rispettare. I genitori o osservano attoniti o muoiono. E Tiziano Ferro canta «Ti scatterò una foto». Se da tutto questo i giovani si sentono rappresentati al punto da organizzare tifo da stadio, c’è da chiedersi quali eccitanti novità ci attendano dietro l’angolo. Meglio meditare su una dichiarazione sensata di Scamarcio: «È un film di genere, che non ha nessuna intenzione di entrare in un’operazione cinematograficamente più complessa».

HO VOGLIA DI TE di Luis Prieto. Con Riccardo Scamarcio, Laura Chiatti, Katy Saunders, Filippo Nigro. ITALIA 2007; Commedia; Colore