UN AMORE SENZA TEMPO

DI FRANCESCO MININNI

Una famiglia dell’alta borghesia di Newport, un matrimonio in allestimento, molti dubbi, le convenzioni da rispettare e l’impossibilità di andare dove porta il cuore. Su tutto questo la presenza incombente di Harris, figlio di una cameriera e laureato in medicina, amato da tutti ma, a causa della differenza di ceto sociale, improponibile come marito di chiunque nell’ambito della famiglia. Così Harris rimarrà un mistero per le figlie di Ann, che sul letto di morte ne pronuncia più volte il nome. E forse rimarrà un mistero anche la complicata vita sentimentale della madre, un po’ vissuta e un po’ semplicemente desiderata. Di certo, la morte la troverà serena.Diciamo la verità: leggendo queste poche righe di trama, ci si sente subito immersi nell’inossidabile melodramma familiare americano che, da Douglas Sirk a Vincente Minnelli, da Delmer Daves a William Wyler (e chissà a quanti altri ancora) è nato come «semplice» dramma familiare per trasformarsi cammin facendo in serbatoio di sentimenti esagerati, di scandali al sole, di ricordi struggenti e di colori sfavillanti. In effetti il principio è questo. Ma «Un amore senza tempo» (pessimo servizio reso dalla distribuzione all’originale «Evening») ha almeno due motivi per meritare una segnalazione: un regista ungherese, Lajos Koltai, e uno straordinario cast femminile che fa dimenticare volentieri l’ordinarietà di quello maschile. Non è che alla fine ci si trovi tra le mani un oggetto prezioso: il film appartiene a quel genere e non fa nulla per prenderne le distanze. Ma qualche esperimento di Koltai e la bravura delle signore rendono il tutto un po’ più digeribile di quanto di solito accada a chi si avventuri in saghe familiari di dubbia utilità sociale, umana e artistica.

Se infatti non teniamo conto delle immancabili banalità di repertorio, riusciremo a trarne qualcosa di buono. Le banalità, tanto per capirsi, sono le differenze di classe, il bello impossibile, un fratello alcolizzato destinato a finire sotto un’auto, un padre autoritario, la promessa sposa che non fa altro che piangere tra le braccia dell’amica del cuore, la madre urlante alla notizia della morte del figlio. Praticamente tutto quello che riguarda quel matrimonio del 1960 a Newport. Sì, perché «Un amore senza tempo» è narrato con una lunga serie di flashback dal punto di vista di Ann in punto di morte. E qui Koltai riesce ad ottenere qualche risultato di grande suggestione giocando con ricordi, sogni, incubi e visioni, traendo tutto il possibile da un montaggio particolarmente virtuosistico e arrivando persino a intrigarci e commuoverci con qualche riflessione non banale sul senso della maternità e quindi della vita. Ma a fare davvero la differenza sono Claire Danes (Ann da giovane), Toni Collette e Natasha Richardson (le figlie di Ann), Meryl Streep (Lila anziana) e la più brava di tutte, Vanessa Redgrave (Ann anziana). Con una menzione speciale per Eileen Atkins nel ruolo dell’infermiera di notte. Le forze di queste signore, unite e perfettamente calibrate, danno vita a personaggi credibili e coinvolgenti. Ma, davvero, è Vanessa Redgrave ad illuminare il film con una naturalezza e un’energia che non finiscono di stupire. È grazie a lei e alle sue colleghe se un film che in altre mani avrebbe tutt’al più meritato l’onore di una serializzazione televisiva, diventa invece un dignitoso prodotto medio che sembra molto meno banale di quanto in realtà non sia. Una cosa è certa: nel melodramma americano gli anni dei ricordi non finiscono mai.

UN AMORE SENZA TEMPO (Evening) di Lajos Koltai. Con Claire Danes, Vanessa Redgrave, Toni Collette, Meryl Streep. USA 2007; Drammatico; Colore