RACHEL STA PER SPOSARSI
DI FRANCESCO MININNI
Jonathan Demme non ci sta. Nonostante i cinque Oscar de «Il silenzio degli innocenti» e i due di «Philadelphia», conserva un animo da indipendente che lo porta a misurarsi con un altro grande filone del cinema americano, il melodramma familiare, in modo che nessuno vedendolo possa pensare a «Dallas», «Beautiful» o «Falcon Crest». In «Rachel sta per sposarsi» la differenza la fa lo stile. Ruvido, sporco, quasi casuale, più adatto a un filmino familiare che a un lungometraggio da destinare a un grosso circuito commerciale, forse equiparabile a qualche esperimento di Godard (per la tecnica) o di Cassavetes (per le facce, ovvero per la ricerca di qualcosa di molto simile alla realtà), «Rachel sta per sposarsi» è una vera sfida controcorrente a un’industria cinematografica troppo abituata a rassicurare e ad essere rassicurata e comunque a inventare un mondo parallelo che alla fine assomiglia pochissimo a quello in cui viviamo. L’ambizione di Demme, invece, è quella di aprire la porta per lasciar entrare una ventata di realtà. Così, se anche il suo film contiene personaggi ed avvenimenti che farebbero la gioia del pubblico delle fiction, la forma è tale da renderlo (per quel pubblico) irriconoscibile.
Kym torna a casa per il matrimonio della sorella Rachel. Dovrebbero essere tutti contenti e invece sono tutti preoccupatissimi. Il padre e la madre (separati), Rachel stessa, parenti e amici temono che Kym possa fare o dire qualcosa di brutto. Il fatto è che Kym sta tentando da anni di uscire dal tunnel della droga e che il matrimonio di Rachel rappresenta per lei la prima uscita ufficiale dal centro di disintossicazione. Pertanto, mentre di solito l’importante sarebbe sentirsi trattati come persone normali, Kym si sente addosso gli occhi di tutti. Il che porterà, naturalmente, anche a qualche spiegazione sopra le righe.
A sentirla raccontare, la storia potrebbe essere quella di uno sceneggiato della domenica. Scritta da Jenny Lumet, figlia del regista Sidney, sembra pescare deliberatamente dal repertorio «drammi familiari» per permettere a Demme di prenderne le distanze con una scrittura antitradizionale. Ma, a leggere anche superficialmente le vicende dei protagonisti, già si possono individuare alcuni elementi di interesse: il promesso sposo di Rachel è un uomo di colore, il rito con il quale si sposeranno è indiano, Rachel è incinta di quattro mesi. Da questi dati si potrebbe trarre l’impressione di un film liberal-democratico quarant’anni dopo «Indovina chi viene a cena?»: come dire che i tempi sono cambiati e che più niente è impossibile nel regno della democrazia. Da qui Demme parte per remare contro: non contro la democrazia, ma contro gli stereotipi, contro le false illusioni, contro la disperata necessità che la gente ha di credere di vivere nel migliore dei mondi possibili. Kym, cui presta volto e verità una straordinaria Anne Hathaway, con la sua sola presenza contribuisce a scardinare tutto: false verità, false illusioni, false sicurezze. Da cui ci ritroviamo tutti nell’America di oggi, dove tutto va bene ma niente va bene. È la stessa via intrapresa da Robert Altman, da «Nashville» ad «America oggi», per raccontare come spesso il sogno americano assuma i contorni dell’incubo. Di Altman Demme riprende la coralità e l’uso meditato e crudele del luogo comune. Di suo ci mette una macchina da presa che, letteralmente, impedisce allo spettatore di adagiarsi su qualcosa, un montaggio che allunga i tempi narrativi per permettere positive pause di riflessione e una fotografia (di Declan Quinn) più vera del vero. Se non ci sbagliamo, nell’ambito di un cinema sempre più standardizzato e uguale a se stesso, «Rachel sta per sposarsi» è una boccata d’aria pura.
RACHEL STA PER SPOSARSI (Rachel Getting Married) di Jonathan Demme. Con Anne Hathaway, Rosemarie DeWitt, Bill Irwin, Tunde Adebimpe, Debra Winger. USA 2008; Drammatico; Colore