TWO LOVERS

DI FRANCESCO MININNI

Su James Gray sembra gravare la maledizione dell’autore. Sarà perché realizza le sue opere prendendosi lunghe pause di riflessione (quattro film in quindici anni), fatto sta che alla fine sembra aleggiare intorno a lui un certo alone a metà tra il mistero e la sopravvalutazione. «Little Odessa», «The Yards», «I padroni della notte» e adesso «Two Lovers» sono lì a testimoniare un lavoro scrupoloso, talvolta imprevedibile, ma non esattamente al di sopra della media. Diviso tra il noir e il melodramma romantico/esistenziale, Gray agisce sempre all’interno di un genere. Quale che esso sia, per arrivare a risultati di eccellenza richiede comunque un approccio originale o un mestiere a prova di bomba. «Two Lovers», che appartiene al settore del melodramma, lascia forti dubbi su ciò che lascia intravedere e ciò che è in realtà. La tentazione della lettura interamente simbolica è forte, ma non riesce a far dimenticare che di storie come questa è pieno l’archivio del cinema. Ci si domanda, insomma, se il lavoro di Gray vada in direzione contraria al genere (se cioè ne tenti una rilettura critica) o se, non avendone la forza o gli strumenti, preferisca adagiarsi nella tradizione lanciando qua e là segnali di novità.

A Brighton Beach (due passi da Coney Island) Leonard vive un’esistenza fortemente tormentata. Ebreo, di famiglia molto tradizionale, è reduce da svariati tentativi di suicidio susseguenti a una cocente delusione amorosa. La sua prospettiva è quella di subentrare al padre nell’attività commerciale (una tintoria) e di vivere un’esistenza abitudinaria e tranquilla. In questa direzione lo porterebbe l’amore per Sandra, figlia di un altro tintore che sta per rilevare i locali dell’azienda paterna. Ma di fronte a casa sua abita Michelle, che ha una relazione con un uomo sposato e vive all’insegna dell’illusione e dell’angoscia. L’incontro potrebbe essere fatale.

Dunque, è evidente che «Two Lovers» si propone di viaggiare se due piani distinti. Da una parte l’adesione al melodramma più classico con tanto di suicidi mancati, amori plurimi, tormenti interiori, figure paterne e materne quasi sempre presenti, «cosa voglio fare della mia vita?» e quant’altro. Dall’altra il tentativo di dare a tutto questo una forte valenza esistenziale riferita essenzialmente al ruolo ricoperto da Leonard di ebreo errante (sappiamo benissimo, infatti, che si può errare tanto per il mondo quanto dentro se stessi). Appare chiaro che le due amanti del titolo corrispondono a due vite diverse. Sandra è la sicurezza, una vita in linea con le tradizioni familiari, una prosecuzione dell’attività paterna, un’esistenza senza acuti interamente dedicata a casa, lavoro e famiglia. Michelle, invece, è la totale inaffidabilità, la volubilità, l’angoscia, il malessere di vivere, ma anche la trasgressione, un’illusione di libertà che vorrebbe dire dare un taglio al passato e lanciarsi in un’avventura che potrebbe far illudere di aver scelto al di fuori dei canoni. La scelta di Leonard, in un certo senso, non è tale. Il giovane si trova a dover adottare una soluzione di ripiego che, se gli concede buone prospettive di un avvenire tranquillo, chiude definitivamente ogni strada alle sue ambizioni. Qui bisogna decidere se Gray abbia optato per il melodramma finto o per la realtà vera. Le troppe spinte e controspinte che caratterizzano il film, nonostante tre protagonisti impeccabili, fanno propendere per la prima ipotesi. Anche Gray, alla fin fine, sembra aver scelto Sandra invece di Michelle. Artisticamente parlando, s’intende.

TWO LOVERS (Id.) di James Gray. Con Joaquin Phoenix, Gwyneth Paltrow, Vinessa Shaw, Isabella Rossellini, Elias Koteas. USA 2008; Drammatico; Colore