NEMICO PUBBLICO

DI FRANCESCO MININNI

La prima considerazione su «Nemico pubblico» è che a Michael Mann non si insegna a fare cinema. La seconda è che non è detto che fosse lui il regista adatto per raccontare (di nuovo) la storia delle gesta del gangster John Dillinger. Almeno, non il Michael Mann divorato dalla voglia di kolossal che, da «Heat» in poi, ha un po’ smarrito la secca sintesi di «Strade violente» e «Manhunter» a beneficio di un cinema ampio, spesso ampolloso, più alla De Mille che alla Huston. Pensiamo per un attimo che film avrebbe potuto essere «Nemico pubblico» con i due protagonisti a ruoli invertiti: Christian Bale nel ruolo di Dillinger e Johnny Depp in quello dell’agente Purvis. Di certo Bale nel ruolo del gangster avrebbe condotto il film altrove, su terreni più asciutti e meno ricchi di glamour. La scelta di Johnny Depp (per altro bravissimo), invece, indica chiaramente la strada scelta da Michael Mann: fascino a mille, rischio zero. Così da «Nemico pubblico» ci possiamo aspettare grandi sequenze d’azione (quella iniziale dell’evasione dal carcere è davvero memorabile), notevoli ricostruzioni d’epoca (le riprese sono state effettuate nel Wisconsin, dove le tracce degli anni Trenta sono più tangibili e ben conservate), grandi costumi, musica e montaggio, ma né storia fuori del mito né potere di sintesi. Diciamo che in un caso in cui sarebbe stato necessario un jazzista impegnato in una jam session, Mann recita invece il ruolo del direttore d’orchestra che non si fa mancare neanche uno strumento, in modo particolare archi e percussioni.

La breve vita di John Dillinger, ucciso dall’Fbi a Chicago nel 1934 all’uscita del cinema Biograph, è seguita praticamente nell’ultimo anno, dal ’33 al ’34. Le rapine alle banche, i contatti con gli altri pericoli pubblici Pretty Boy Floyd e Baby Face Nelson, l’amore per Billie Frechette, la lotta senza quartiere con l’Fbi di J. Edgar Hoover: tutto parlava di uno spirito anarchico, insofferente delle regole del vivere civile, rispondente a un proprio codice personale che in un certo senso fatica a farlo inquadrare totalmente dalla parte dei cattivi, sicuramente di un personaggio capace di accendere la fantasia della gente comune e soprattutto delle donne.

Questa vicenda essenziale e quasi elementare, Michael Mann la enfatizza fino alle soglie del kolossal. Ripetiamo: non gli si può insegnare a fare cinema e saremo comunque sicuri di andare incontro a grandi scene d’azione, ma anche a intensi primi piani introspettivi. Bisognerebbe ricordargli, però, che andare regolarmente oltre le due ore di durata a lungo andare induce il sospetto di maniera. Il «Dillinger» di John Milius, un esordio promettente, puntava troppo in alto, ma parlava il linguaggio della durezza e della violenza più di competenza della vicenda del gangster. Mann, invece, ha la necessità di mostrare ad ogni piè sospinto tutti i milioni del budget. Così «Nemico pubblico» è un film elegante, lussuoso, ricco di sequenze di grande valore, ottimamente fotografato da Dante Spinotti, interpretato al meglio da Johnny Depp (controllato e tagliente) e da Christian Bale (disincantato ed essenziale), mirabile nel quadro d’epoca, ma senza quella stringata secchezza che avrebbe interpretato al meglio la storia di Dillinger. Se consideriamo che Michael Mann prima ha creato un telefilm quasi epocale, «Miami Vice», e poi lo ha trasformato in un film di 132 minuti che, non foss’altro per le dimensioni, tradiva clamorosamente lo spirito originale, vuol proprio dire che nel suo Dna è subentrato qualche elemento che gli rende impossibile agire diversamente. Preso atto di questo, ci accontenteremo del buono sparso sul cammino e continueremo a rimpiangere l’ottimo perso per strada.

NEMICO PUBBLICO (Public Enemies) di Michael Mann. Con Johnny Depp, Christian Bale, Marion Cotillard, Stephen Dorff, Giovanni Ribisi