SEGRETI DI FAMIGLIA

DI FRANCESCO MININNI

La prima cosa su cui riflettere è una dichiarazione di Francis Ford Coppola: «Oggi guadagno con il vino e con gli alberghi. I soldi mi servono per fare i miei film». Dunque si deve pensare che adesso Coppola racconti proprio le storie che vuole, che sente di dover raccontare, e che non lo interessi più di tanto l’incondizionato gradimento del pubblico. Per uno che ha sbancato il mondo con «Il padrino» e «Apocalypse Now», non è una cosa da poco. Se questo valeva soprattutto per «Un’altra giovinezza», film criptico ed enigmatico totalmente ignorato dal box-office, vale anche per «Segreti di famiglia» (banalizzazione italiana dell’originale, secchissimo «Tetro»), che torna a ribadire come il concetto di famiglia per l’autore sia realmente fondamentale, al punto da mettere sottosopra il mondo pur di ottenerne un’immagine coerente e sensata. Ovvero, ciò che prima («Il padrino») rispondeva alle esigenze dello spettacolo, adesso mette radici nel cuore dell’autore che, per far capire esattamente di cosa parla, recupera il bianco e nero a suo tempo utilizzato in «Rusty il selvaggio» e riprende il discorso interrotto dei fratelli, del passato e del futuro.

La famiglia Tetrocini è sparsa un po’ per il mondo. Il padre, Carlo, è un grande direttore d’orchestra con tutte le caratteristiche del patriarca assoluto. Il figlio maggiore, Angelo, si è trasferito in Argentina pregando la famiglia di non cercarlo mai più. Il minore, Bennie, fa il cameriere su una nave e, di passaggio in Sudamerica, va a trovare il fratello, che ora si fa chiamare Tetro (come a dire: non dimentica le origini, ma non le riconosce per intero). Lui, per qualche motivo, non è affatto contento di vederlo ma si adatta alla temporanea convivenza. Che, seguendo vie molto complesse, darà i suoi frutti: nella focalizzazione del passato e nella riconquista di un futuro.

Di più non possiamo raccontare, perché «Segreti di famiglia» è concepito come un thriller della memoria e della coscienza che sarebbe inopportuno svelare prima del tempo. Diremo però che il film dà conferma di alcune passioni di Coppola: a parte l’idea della famiglia come una realtà tutta da scoprire, ci sono il melodramma, la memoria nelle pieghe del sogno (evocato dai frammenti a colori de «I racconti di Hoffmann» di Powell e Pressburger del 1951), la durezza del vivere quotidiano e la certezza che non esistano certezze. Il che porterebbe a una conclusione amaramente pessimista che trasformerebbe Coppola in un esistenzialista  con poche sfumature di grigio tra il bianco e  il nero. Ma non è così. Coppola si dimostra invece un conoscitore dell’animo umano al punto da essere convinto che alla fine, indipendentemente dai traumi cui una persona possa essere sottoposta, tutto trova un suo posto nella vita. Anche la morte, anche la confusione dei ruoli, anche un’idea di amore più come mèta irraggiungibile che come valore assoluto. In questo contesto la vicenda dei due fratelli su cui incombe il padre padrone assume valenze che potremmo definire addirittura bibliche, nel senso che la storia di Angelo e Bennie è comunque un’immagine di un pezzo di storia del mondo.

Il percorso di Coppola, naturalmente, non è lineare: ora onirico, ora psicanalitico, ora disperato, ora grintoso e deciso a tutto, dà continuamente l’impressione che, per quanto complichi le cose, abbia comunque come primo obiettivo quello di condurci da qualche parte. Il che significa che, se avremo la pazienza di seguirlo, non correremo il rischio di essere lasciati sull’orlo di qualche abisso senza strade per tornare indietro. È affascinante «Segreti di famiglia», così come il recupero di Vincent Gallo protagonista e la spettacolare fotografia di Mihai Malaimare jr. Per quanto il film non sia omogeneo né rigoroso, continuiamo a preferire un grande regista imperfetto a un meraviglioso produttore di vini.

SEGRETI DI FAMIGLIA (Tetro) di Francis Ford Coppola. Con Vincent Gallo, Aiden Ehrenreich, Maribel Verdù, Klaus Maria Brandauer, Carmen Maura. USA 2009; Drammatico; Bianco e nero/Colore