LA PECORA NERA

DI FRANCESCO MININNI

Non si può certo dire che Ascanio Celestini, per il suo esordio come regista di un lungometraggio cinematografico, abbia scelto la via diritta. Basandosi sull’omonimo spettacolo teatrale da lui concepito, scritto, diretto e interpretato in forma di lungo, ossessivo monologo, Celestini ha tentato di trasformarlo in linguaggio cinematografico avvalendosi della collaborazione degli sceneggiatori Ugo Chiti (rischio moltiplicato: un altro autore di teatro) e Wilma Labate.

Il risultato è un film anomalo, dalla costruzione molto complessa, che richiede da parte dello spettatore un impegno assoluto, che non cede ad alcun sentimentalismo o tentazione poetica, che sicuramente dà conferma di quanto sia difficile raccontare la follia dal di dentro. La domanda sorge spontanea: cos’è la follia? Potremmo rispondere un disagio mentale, ma saremmo in tanti a soffrirne. Potremmo rispondere il mancato adeguamento ai parametri di normalità richiesti, ma scivoleremmo nella politica di bassa lega. Potremmo rispondere la presenza di esplosioni di violenza e crisi convulsive, ma non sarebbe affatto somigliante al caso esaminato dal film. Preferiamo non rispondere, perché «La pecora nera» non è la storia della follia, ma la storia di Nicola.

La vita di Nicola è narrata su tre binari paralleli. Il primo è l’infanzia, contrassegnata dall’assenza della madre ricoverata in un istituto psichiatrico, dalla scarsa presenza del padre, dall’assiduo affetto della nonna e da una serie di esperienze che segneranno il bambino al punto da farlo classificare come non normale. Il secondo è il manicomio, dove Nicola conduce un’esistenza abitudinaria e tranquilla riconducibile al rapporto molto collaborativo con la suora e all’intenso rapporto con un altro Nicola, che in realtà è un amico immaginario che incarna le sue frustrazioni represse e il loro ipotetico superamento. Il terzo è il supermercato dove si reca con la suora a fare la spesa, dove ritrova Marinella, suo amore d’infanzia, e dove alla fine farà esplodere il proprio disagio nel momento in cui il confronto con un’esistenza normale apparirà irrimediabilmente perdente.

Sostanzialmente «La pecora nera» è la storia di un percorso mentale che, dall’illusione della libertà, approda alla consapevolezza della prigionia. Nel mezzo l’entrata in vigore della legge Basaglia che dovrebbe rappresentare un duro colpo alle poche certezze rimaste. Ma Nicola, nonostante l’elettroshock e la progressiva presa d’atto di un forte dislivello tra ciò di cui è convinto e ciò che è la realtà, non prende in considerazione l’idea di arrendersi. In questo senso il film potrebbe specchiarsi nella vicenda di Alberto Paolini, uno dei tanti intervistati da Celestini, che è sopravvissuto con lucidità imprevedibile a più di quarant’anni di terapie d’urto. In realtà, a ben vedere, «La pecora nera» mostra di non essere così originale come Celestini vorrebbe. In particolare il rapporto con l’amico immaginario (un convincente Giorgio Tirabassi), che lo spettatore dà per reale finché non gli viene spiegato il senso vero della cosa, è molto simile ai rapporti di Nash con le proprie proiezioni mentali in «A Beautiful Mind».

È molto interessante, invece, lo sforzo stilistico di Celestini per differenziare le tre dimensioni della vita di Nicola: sanguigna e avvolgente l’infanzia che lo segnerà per la vita, asettico e freddo il manicomio che lo abitua a una normalità illusoria, luminoso e apparentemente caldo il supermercato che lo illude sul riavvicinamento a una realtà vera. Ascanio Celestini non è né polemico verso le istituzioni né ideologicamente prevenuto né triste a fondo perduto. Gli interessa recuperare la sostanza della dimensione umana di Nicola e, forse, permettergli di riconquistare un suo posto nel mondo. Accompagnato costantemente dalla voce fuori campo del protagonista, retaggio importante della provenienza teatrale, «La pecora nera» è un tentativo da apprezzare. Ma se Celestini vuole essere veramente un regista cinematografico, ha ancora un po’ di strada da fare.

LA PECORA NERA di Ascanio Celestini.Con Ascanio Celestini, Maya Sansa, Giorgio Tirabassi. ITALIA 2010; Drammatico; Colore