IL RAGAZZO CON LA BICICLETTA

di FRANCESCO MININNI

Il dolore, nei film di Luc e Jean-Pierre Dardenne, è una presenza costante, spesso ingombrante, densa al punto da poterla tagliare col coltello. E poi la rabbia, la disperazione, la solitudine, l’emarginazione, la diseguaglianza, l’apparente ineluttabilità di un destino che volta sempre le spalle ai più deboli. Ma loro non se ne sono mai lasciati travolgere: ai Dardenne non interessa il dolore senza vie d’uscita, non sono fatalisti che piangono sulle proprie e altrui disgrazie rifiutandosi di vedere il sole che splende dietro le nuvole. Loro puntano ad altro: sanno che il peggio non è passato, ma sanno anche che a saper cercare si trova anche il meglio. Così ogni loro film si presenta come una discesa in diversi tipi d’inferno e regolarmente convince lo spettatore che questa volta, no, non è possibile che finisca bene. E in effetti ogni loro film non finisce, né bene né male: comincia. I Dardenne, si direbbe ostinatamente e da un film all’altro disseminandosi la strada di difficoltà sempre maggiori, intimamente sperano, guardano oltre, indicano una strada che forse i loro personaggi seguiranno. Ma sempre fuori del film.

«Il ragazzo con la bicicletta», proponendoci il problema dell’abbandono dei figli, rischia molto. Rischia il melodramma, il manierismo nell’accumulo delle disgrazie e delle tristezze, l’incompletezza in certe soluzioni narrative non approfondite. Eppure ci lascia qualcosa, che forse una visione sola non sarà in grado di chiarirci. Ma è qualcosa che ci induce a tenerceli stretti, questi fratelli belgi testardi e umanissimi. Sarà il loro girovagare intorno ai personaggi nel tentativo di cogliere il momento dell’autenticità, sarà quello stile appassionato nella sua apparente casualità, sarà di contro una precisa consapevolezza di geometrie narrative e riferimenti colti. Oppure, più semplicemente, sarà quel loro gridare al mondo che la disperazione totalizzante e senza uscita non esiste a renderceli familiari e vicini.

La storia di Cyril, un dodicenne senza madre e abbandonato dal padre Guy in un centro educazionale, della disperazione ha tutte le caratteristiche. Il ragazzo non concepisce che il padre se ne sia andato senza ridargli la bicicletta e ostinatamente cerca di mettersi in contatto con lui. Il suo modo di agire, cocciuto e quasi insensibile al resto del mondo, lo rende fatalmente un soggetto a rischio. Samantha, venuta accidentalmente a contatto con lui e in un certo senso da lui adottata come referente esterna, accetta di ospitarlo nei weekend. Ma la consapevolezza che il padre effettivamente non lo vuole più induce Cyril a frequentare le compagnie sbagliate e a mettere in atto un tentativo di rapina. Sarà soltanto quando capirà di essere a un passo dal perdere tutto, che il ragazzo comincerà a valutare effettivamente ciò che ha.

La ricerca del padre, Samantha come figura sostitutiva della madre, l’atto di violenza che significativamente colpisce un altro padre e un altro figlio, lo spacciatore che trattando Cyril da pari a pari rischia di portarlo su una discesa senza freni sono indizi di una ricerca approfondita che per i Dardenne è consueta, anche se sempre arricchita di sfumature diverse. La novità è un commento musicale (pochi accordi, ma tanto basta) a sottolineare momenti di solitudine e tristezza. E poi c’è Thomas Doret, che riesce a rendere in modo impressionante il personaggio di un dodicenne in guerra contro il mondo e contro se stesso. Grazie a lui e alla loro macchina da presa capace di addentrarsi nelle anime, i Dardenne camminano in salita ma riescono ad accendere una luce. Che è molto semplice: al di là della consapevolezza che la persona vicina non è quella desiderata, qualcuno c’è. E se c’è, vuole anche dire che non è stato incontrato né per sbaglio né per caso. Alla fine de «Il ragazzo con la bicicletta» (un finale scarno e tagliente che racconta il verificarsi di un miracolo tanto grande da sembrare di ordinaria amministrazione nella sua quotidianità) non si può che rimarcare un principio che sarebbe opportuno avere sempre presente: da soli non si vive, mai.

IL RAGAZZO CON LA BICICLETTA (Le gamin au vélo) di Luc e Jean-Pierre Dardenne. Con Cécile De France, Thomas Doret, Jérémie Renier, Olivier Gourmet. B/I/F 2011; Drammatico; Colore