THIS IS ENGLAND

DI FRANCESCO MININNI

Da Ken Loach in poi, il cinema inglese ha preso a trascurare i generi per dedicarsi quasi esclusivamente a temi di attualità sociale e politica utilizzando toni preferibilmente aspri e polemici di modo da non poter essere frainteso ad alcun livello. Come dire che l’isola felice non è felice per niente e che, all’occorrenza, può anche gridare la propria rabbia e il proprio risentimento per un malessere di vivere che, a differenza di altri paesi, risente pochissimo di influenze esterne e viene tutto dall’interno. Quando un regista mette mano a tematiche così delicate, c’è sempre da considerare quanto i toni forti siano motivati dal racconto e dalla situazione e quanto invece corrispondano a una maniera che in un certo senso punta anche a fare cassa. Ci sembra di poter dire che in «This Is England» di Shane Meadows ci sia ben poco di cui potersi compiacere e che la durezza del film corrisponda a una precisa esigenza espressiva che, realismo a parte, non intende concedere al pubblico alcuna possibilità di adagiarsi su modelli ben conosciuti che alla fine lo portino a ignorare o sottovalutare il significato dell’opera. Realizzato cinque anni fa, il film è ambientato nel 1982, quando l’Inghilterra stava uscendo vittoriosa dall’inutile conflitto delle isole Falkland e a leccarsi le ferite vere erano soltanto i poveracci che avevano perso davvero qualcosa o qualcuno.

Nel caso specifico è Shaun, dodicenne, che ha perso il padre nel conflitto e vive con la madre un’esistenza senza sogni. La realtà, purtroppo, non lo aiuta. Da una parte i prepotenti più grandi di lui che non perdono occasione per brutalizzarlo e prenderlo in giro, dall’altra l’unica mano che gli viene tesa è quella di Woody, un perdigiorno con una banda e qualche blanda ambizione di skinhead. Shaun, sentendosi accettato, entra nella banda, trova una ragazza e ottiene persino la benedizione materna. I problemi nascono con l’arrivo di Combo, appena uscito dal carcere e animato da sincero furore ideologico. La sua carica e il suo fascino coinvolgono il ragazzo, almeno finché qualche violenza di troppo non lo inducono a riflettere e a scegliere diversamente.

Da una parte «This Is England» è l’esatto contrario di «Billy Elliot»: ambiente popolare, famiglia problematica, difficoltà quotidiane accomunano i due ragazzi, ma l’abisso che li separa è rappresentato dal sogno di Billy (la danza) che Shaun non ha. Dall’altra il film di Meadows, accantonando problemi di stile e finalità, potrebbe essere una buona introduzione ad «Arancia meccanica»: a chi continua a chiedersi da dove (da cosa) vengano quei teppisti senza altro orizzonte che la violenza quotidiana, basterebbe osservare attentamente Combo e Shaun per farsene un’idea abbastanza precisa. «This Is England» è, in poche parole, un gancio allo stomaco che, senza indugiare gratuitamente su violenza e turpiloquio, rappresenta con toni per nulla conciliatori una situazione che, pur vecchia di trent’anni, appare ancora spaventosamente attuale. Peccato che Meadows, animato dalle migliori intenzioni, abbia sentito la necessità di concedere a Shaun una possibilità di uscire dal tunnel in un caso in cui una conclusione più disperata e spietata sarebbe stata più in linea con la polemica politica e avrebbe permesso al pubblico di capire meglio il livello di pericolo esistente. Così, invece, si prende atto della scarsa simpatia del regista per Margaret Thatcher, si capisce qualcosa di più del problema delle Falkland e si conclude che, nonostante questo, il protagonista ha comunque una capacità riflessiva che gli permette di allontanarsi dal pericolo. Vero è che non si può dire che il film finisca bene: tutt’al più propone un nuovo inizio. Di sicuro resta un gruppo di attori che neanche per un attimo danno l’impressione di recitare. Thomas Turgoose è uno Shaun lancinante e Stephen Graham un Combo da incubi.

THIS IS ENGLAND (Id.) di Shane Meadows. Con Thomas Turgoose, Stephen Graham, Jo Hartley, Andrew Shim, Vicky McClure, Joseph Gilgun, Rosamund Hanson. GB 2006; Drammatico; Colore