W./E.

DI FRANCESCO MININNI

Dopo l’esordio ruvido e povero con «Sacro e profano», Madonna ritenta l’avventura da regista e, non accontentandosi delle briciole, punta più in alto. Così facendo conferma qualche pregio e mette in evidenza tutti i propri limiti, sostanzialmente legati all’incombere di un ego difficilissimo da tenere sotto controllo. Che l’operazione sia fintamente intellettuale lo si capisce fin dal titolo, «W./E.»: due iniziali separate da una slash che non ha altro significato se non quello del vezzo. Se vogliamo, la continuità con «Sacro e profano» è rappresentata dal fatto che lì uno dei protagonisti era identificato unicamente dalle iniziali A.K. e, cosa evidentemente più importante, da uno stretto legame tra immagini e suoni alla ricerca di una simbiosi più istintiva che ragionata. Il resto cambia.

Che legame può mai esserci tra Wallis Simpson, la divorziata americana che fece innamorare Edoardo VIII inducendolo ad abdicare in favore del fratello Albert (poi incoronato Giorgio VI) nel 1936 e Wally Winthrop, londinese di oggi, frustrata da un matrimonio sbagliato e alla lenta ricerca di un equilibrio interiore ed esterno? Evidentemente si tratta di una duplice ricerca: da una parte le ragioni di un evento storico, dall’altra quelle di una vicenda inventata (ma probabilmente simile a molte contemporanee) che dovrebbero confluire nella serena esposizione delle ragioni della donna.

Pare dunque che Madonna, tuttora convinta che la donna sia una creatura sventurata da difendere a spada tratta e per cui combattere senza esitazioni, abbia pensato di connettere passato e presente per arrivare a un complesso percorso autobiografico. Il punto di partenza è legato a una semplice domanda: se è vero che tutti sanno a cosa abbia rinunziato Edward insistendo nel suo amore per Wallis, perché nessuno si chiede a cosa abbia rinunziato Wallis? Ovvero serenità, privacy, normalità e tutto ciò che consente a una persona di vivere (sempre che lo voglia) una vita normale. Percorso condivisibile fino al punto in cui subentra una seconda domanda: chi gliel’ha fatto fare? Ovvero, appare evidente che una scelta del genere (possiamo dire reciproca) portava con sé automaticamente tutte le complicazioni del caso che nessuna buona volontà avrebbe mai potuto evitare. Di conseguenza, i ragionamenti su quanto si è lasciato sul cammino appaiono abbastanza oziosi e strumentali. Per rendere questo contemporaneo, Madonna e lo sceneggiatore Keshishian hanno inventato la storia di Wally, sposata a quello che sembra un benefattore e un filantropo ma in realtà è un marito inadempiente e anche violento. Per equilibrare le parti subentra la seconda E., ovverosia Evgenij, un russo dalla grande cultura costretto a lavorare nella sicurezza di Sotheby’s per guadagnarsi da vivere.

E, a chiusura del cerchio, Wally e Wallis si incontrano in un parco stringendosi simbolicamente la mano. Molto simbolicamente, visto che Wallis Simpson non può che essere un’immagine sognata. Insomma, l’autobiografismo di Madonna è complesso in questo senso: se la difficoltà primaria in un rapporto a due sta nel trovarsi al fianco di una personalità pubblica e/o dominante, lei non può essere né Wallis né Wally, casomai la controparte maschile. Ciò porta a una singolare schizofrenia narrativa secondo la quale la vittima è difesa da qualcuno che nella realtà dovrebbe ricoprire il ruolo del carnefice. Schematizzazioni a parte, «W./E.» dà più l’impressione di un capriccio di diva che di un’operazione meditata e sentita. I pochi momenti di suggestione nei quali musica e immagini si fondono in una istintiva armonia (o, perché no, nel contrario di essa), non bilanciano un andamento lezioso nel quale i continui salti temporali sanno più di studiato a tavolino che di emozione autentica. Un po’ di fiction del passato e un po’ di fiction del presente: questo è l’unico equilibrio raggiunto da Madonna.

W./E. – EDWARD E WALLIS (W./E.) di Madonna.Con Abbie Cornish, Andrea Riseborough, James D’Arcy, Oscar Isaac.GB 2011; Drammatico; Colore