Un sapore di ruggine ed ossa

Secondo alcuni Jacques Audiard è uno dei maggiori registi contemporanei, perennemente alla ricerca di argomenti difficili, di storie estreme, di shock narrativi che dovrebbero scuotere il pubblico. Il quale, per altro, risponde positivamente, trasformando «Il profeta» in uno dei maggiori incassi del cinema francese. Il problema è che, tra i suoi maggiori estimatori, Audiard può contare anche se stesso. Questo, senza escludere che un po’ di sano egocentrismo fa parte del mestiere del regista, rappresenta un limite. Audiard, una volta trovata una storia di proprio gradimento, mette in campo qualità visive, espressive e psicologiche che non corrispondono quasi mai a un’analoga abilità narrativa. Senza contare che le sue provocazioni, a lungo andare, diventano totalizzanti, non si concretano in sviluppi positivi e si trasformano in qualcosa di sterile e pretestuoso. «Un sapore di ruggine e ossa» giunge a proposito per confermare le nostre perplessità. Personaggi estremi si trovano in situazioni estreme che costringono a scelte che incidono sull’andamento di un’esistenza e provocano cambiamenti nei quali, a parer nostro, non è così facile credere.

Ali, extracomunitario con un figlio a carico, si guadagna da vivere facendo il buttafuori, accettando occasionali colpi di medio livello e poi tornando al primo amore, il pugilato da strada. Stéphanie, ammaestratrice di orche marine in un parco acquatico, vive un’esistenza irrequieta e priva di punti di riferimento fino al giorno in cui un incidente con gli animali le causa la perdita delle gambe. Ali e Stéphanie si incontrano per caso, ma sarà lei a ricercarlo dopo l’incidente avviando un rapporto ambiguo: per lui è soltanto sesso a chiamata, mentre lei è evidentemente alla ricerca di qualcosa di più. Niente cambierebbe senza la caduta del figlio di Ali in un lago ghiacciato…

A quanto ci è dato di capire, Audiard racconta una storia di possibile redenzione: una donna senza gambe darà a un uomo che campa grazie alla propria prestanza fisica una ragione di vita che vada oltre la semplice sopravvivenza. Il punto è che, per fare ciò, il regista procede a passo di carica disinteressandosi degli altri personaggi se non quando interagiscono direttamente con i due protagonisti. Ciò porta a una sceneggiatura nella quale, ogni tanto, il resto del mondo sparisce, per ricomparire poi quando le esigenze del racconto principale lo rende necessario. Il caso lampante è quello del figlio di Ali, che dopo un lungo blackout si rifà vivo per cadere nel lago ghiacciato costringendo il padre a usare le mani, prezioso strumento di lavoro, per rompere il ghiaccio procurando gravissime lesioni. Ma il pugilato stesso, che in un finale di problematica interpretazione ricompare come se Ali avesse tranquillamente ripreso l’attività, è alla fine strumentale al percorso del protagonista invece che inserito più profondamente nel tessuto narrativo. L’approfondimento è uno solo: lui vive ai margini della società e lavora con la forza fisica, lei si ritrova fisicamente menomata e ha bisogno di qualcuno che si occupi di lei a tutto tondo, cioè a dire oltre il sesso. Se il bambino non cadesse nel lago, è possibile che Ali e Stéphanie non si vedrebbero più. Quindi è necessario che il bambino cada.

Un simile procedimento porta a un film che dà l’impressione di essere quattro o cinque film diversi molto difficili da unificare. Audiard ricorda alcune estremizzazioni tipiche di Fassbinder, ma non ne possiede lo sguardo doloroso e solidale. Marion Cotillard, alle prese con il personaggio più difficile del film, continua a dare prova delle proprie capacità espressive, mentre Matthias Schoenaerts è più che altro una presenza fisica. Nel complesso «Un sapore di ruggine e ossa», che mostra qualche singolare assonanza con «Quasi amici» di Nachat e Toledano, dà l’impressione dell’occasione mancata soprattutto quando la vicenda di Ali e Stéphanie si concretizza in corpi urlanti e anime silenziose. Un film virtuosistico, ma con grossi problemi di coinvolgimento in un dramma che resta molto lontano.

UN SAPORE DI RUGGINE E OSSA (De rouille et d’os) di Jacques Audiard. Con Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Armand Verdure, Céline Sallette, Corinne Masiero. BELGIO/FRANCIA 2012; Drammatico; Colore