E’ stato il figlio

Daniele Ciprì, più che come eccellente direttore della fotografia, è conosciuto come scardinatore di tranquille convenzioni televisive («Cinico TV») e come regista di film ruvidi, grossolani e talora in odor di blasfemia come «Lo zio di Brooklyn» e «Totò che visse due volte». Il tutto, però, sempre in collaborazione con Franco Maresco. È per questo motivo che il suo esordio da regista single poteva suscitare, accanto a una legittima diffidenza, anche una certa curiosità. Se il risultato dell’esperimento ha, a fianco degli immancabili toni grotteschi che a quanto pare fanno parte irrinunciabile dello stile dell’autore, la profondità e il senso di «È stato il figlio», chi fosse stato intenzionato a mettere in campo preconcetti e critiche preventive farà meglio a rivedere le proprie posizioni. Perché «È stato il figlio», nella sua scrittura sopra le righe e con la sua galleria di personaggi borderline non esattamente realistici, è tutt’altro che un’esercitazione di bizzarrie fini a se stesse. In fin dei conti, anche la gente di borgata del primo Pasolini era fortemente caratterizzata e spesso quasi surreale, ma ciò nonostante rimaneva vicinissima al vero di una realtà poco conosciuta non per mancanza d’informazioni, ma piuttosto per scarsa volontà di conoscenza. E Ciprì, che a Pasolini si ispira non poco, sembra seguire una strada (alternativa) molto simile.

A Palermo, la famiglia Ciraulo vive di poco e niente nel quartiere Zen. Il padre Nicola, l’unico che lavora in famiglia, vive una realtà di frustrazioni, privazioni e relative solenni arrabbiature, dirette principalmente verso il figlio Tancredi, a suo dire nullafacente e privo di volontà collaborativa. Un giorno, però, in una sparatoria di mafia resta uccisa la figlia Serenella e qualcuno fa presente che in questi casi lo Stato concede una sorta di risarcimento. Da qui, per i Ciraulo, è un susseguirsi di carte bollate, attese, sogni e aspettative. Naturalmente nel quartiere la prospettiva dei soldi sicuri li trasforma in una famiglia rispettata, con un credito aperto e illimitato. Quando poi i tempi del pagamento si allungano, però, il rispetto scende e Nicola è costretto ad accettare un prestito da un privato. E siccome al peggio non c’è mai fine, i debiti si accumulano e il tenore di vita diventa anche peggiore di prima. Ma i soldi arrivano e Nicola,invece di studiare un modesto piano di investimenti, acquista una Mercedes nera.

È evidente che i toni esasperati, i caratteri fortemente grotteschi, certe scenografie reali ma presentate con occhio scopertamente surreale non puntano all’astrazione dalla realtà, ma anzi alla sua rappresentazione, se possibile, più triste, beffarda e crudele della realtà stessa. In questo contesto la Mercedes rappresenta «il» bene primario che ai Ciraulo non serve ad altro che a far capire al vicinato che le cose sono cambiate, i soldi ci sono (c’erano, ma questo non si deve sapere) e quindi il rispetto va ripristinato seduta stante. E invece, come è prevedibile, sarà proprio la Mercedes a far precipitare la situazione verso una conclusione doppiamente tragica: da una parte la morte violenta del capofamiglia (un Toni Servillo straordinario nell’allontanarsi dai toni moderati e riflessivi a lui più congeniali), dall’altra la necessità di indirizzare tutte le colpe su Tancredi perché il vero assassino è quello che, rimanendo in libertà, potrà provvedere alle necessità economiche della famiglia intera. Con il suo occhio surreale, Ciprì restituisce senza possibili equivoci l’immagine di un mondo antico che fa il possibile per evitare ogni modernizzazione e mantenere il peggio delle tradizioni che consentono a pochi di dominare su molti. La famiglia Ciraulo è l’emblema di una impossibilità storica, geografica, mentale di un’evoluzione dal concetto di avere a quello di essere. Tutto ciò che guida le loro azioni è legato al possesso, quindi all’effimero. E i Ciraulo, come ben sappiamo, non sono un caso isolato.

È STATO IL FIGLIO di Daniele Ciprì. Con Toni Servillo, Gisella Volodi, Fabrizio Falco, Rori Quatrocchi, Alfredo Castro. ITALIA 2012; Grottesco; Colore