Un errore sulla percentuale dei detenuti stranieri in Italia

Su «Toscana Oggi» dell’11 marzo, nell’articolo di Riccardo Benotti leggo testualmente: «…per non parlare della presenza di detenuti di origine straniera nelle carceri, percepita quasi il doppio di quella registrata ufficialmente (28% contro il 15%)». Contemporaneamente sul «Sole24ore», nell’articolo di Andrea Carli e Andrea Gagliardi del 5 febbraio 2018, è documentato che «nelle carceri un detenuto su tre è straniero»: «Quella straniera del resto è una componente importante del mondo delle 190 carceri italiane. I detenuti presenti a fine 2017, in base ai dati del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) erano 57.608, di cui 19.745 ossia il 34,3% del totale, mentre tra i residenti sono circa il 9%. Tra le nazionalità al primo posto marocchini (3.703), seguiti dagli albanesi (2.598) e dai rumeni (2.588). Poi i tunisini (2.112) e i nigeriani (1.125)». Qual è la verità? Possibile che due testate così autorevoli si contraddicano così marcatamente su un argomento così importante e impattante sull’opinione pubblica? Non esiste più l’informazione affidabile?

Edoardo Costantini

Grazie, caro Costantini, per ritenerci un giornale autorevole. Ma soprattutto grazie per la segnalazione di un errore che è nostro in quanto non abbiamo verificato in tempo utile un comunicato diffuso dall’Ipsos, noto istituto di sondaggi e statistiche, nel quale si leggeva testualmente che «la percezione della presenza di detenuti di origine straniera nelle carceri è percepita in media come il doppio di quella registrata ufficialmente (28% contro 15%)». Quando ci siamo resi conto che qualcosa non tornava era tardi, anche se abbiamo chiesto ugualmente una spiegazione all’Istituto, il quale ci ha confermato l’errore e fornito i dati corretti: «48% contro 34%». Per cui ha ragione il «Sole24Ore» quando scrive che «nelle carceri un detenuto su tre è straniero» documentandolo con i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Ribadisco quindi il nostro errore nella speranza che questo non incida sulla sua fiducia e su quella degli altri lettori nei nostri confronti. Anche l’ammissione degli errori può forse rendere l’informazione affidabile.

Andrea Fagioli