Insegnanti e alunni, genitori e figli: rapporti da ricostruire

Egregio direttore, ho letto con molto interesse l’editoriale del prof. Giuseppe Savagnone sul numero 7 del 25 febbraio scorso che indaga, con la consueta lucidità, le cause profonde dell’escalation di violenza verbale e fisica che sta investendo gli insegnanti della scuola italiana. È evidente che il fenomeno non potrà essere compreso in tutta la sua portata se non consideriamo che siamo in un cambiamento d’epoca, di cui ci ha parlato più volte Papa Francesco. «Dopo l’evaporazione del padre, ora assistiamo all’eclissi del maestro», ha scritto Antonio Scurati. È questa la dimensione storica di quanto stiamo vivendo: la pedagogia è al tramonto, così come sono in crisi tutte le tradizionali istituzioni pedagogiche di cui la rottura dell’alleanza scuola/famiglia è la punta più alta. Dinanzi a questa realtà così complessa, la prima reazione potrebbe essere quella di abbandonare la partita per impraticabilità del campo di gioco, per usare una metafora calcistica.

C’è però un altro sguardo possibile sull’emergenza educativa. Non è questione di leggi e di riforme. In questi anni ne abbiamo avute diverse ma, come vediamo, il problema non è stato risolto. Mi riferisco, invece, alla possibilità che noi insegnanti abbiamo di avere un’esperienza della vita da consegnare ai nostri alunni e non un contenuto da trasmettere. Questa opportunità ci permette di andare al di là delle competenze, delle abilità e del linguaggio burocratico ma anche delle difficoltà e della progressiva perdita di considerazione e di status da parte di chi lavora nel mondo della conoscenza. Qualunque sia la circostanza storica che ci troviamo a vivere, infatti, l’inizio sarà sempre l’imbattersi in una presenza che si impone, non alla mente, ma alla vita. Soltanto così, è il mio parere, si potrà cominciare a riannodare il filo di un rapporto di dialogo e di fiducia reciproca che si è inevitabilmente spezzato.

Pellegrino GiornaleLastra a Signa (FI)

Giuseppe Savagnone, come sottolinea giustamente anche lei, caro Pellegrino, propone sempre analisi molto lucide. È successo, ovviamente, anche nel caso citato: l’editoriale apparso sul numero 7, «Insegnanti privati di rispetto e genitori complici dei figli». Già il titolo sintetizzava i due concetti di fondo: la mancanza di rispetto verso gli insegnanti e l’iperprotezione dei genitori nei confronti dei figli. Due fenomeni decisamente nuovi rispetto a un passato nemmeno troppo lontano dove gli insegnanti erano autorità e i genitori erano sempre dalla loro parte, mai da quella dei figli.

In tanti ricordano di aver preso uno scappellotto dal maestro e poi quando tornavano a casa lamentandosi ne prendevano un altro dal babbo o dalla mamma. Certamente non era giusto che un insegnante mettesse le mani addosso a un alunno (anche se accadeva più di quanto si pensi). Ma è anche vero che adesso se solo un insegnante si prova ad alzare la voce con un alunno, il giorno dopo arriva il genitore a lamentarsi (se va bene), a denunciarti (se va male) o a metterti le mani addosso (se va peggio). Il problema quindi, lo si capisce bene, non è tanto in questi casi della scuola quanto di quel permessivismo che regna ormai in molte famiglie dove i genitori rinunciano alla loro funzione educativa vantandosi di essere «amici» dei propri figli, «senza rendersi conto che così – come scriveva in modo magistrale Savagnone – li hanno resi orfani, perché di amici ne hanno tanti, ma di padre uno solo». Pertanto, come dice lei, caro Pellegrino, è veramente necessario cominciare a riannodare i fili nei rapporti tra insegnanti e alunni, ma anche tra genitori e figli.

Andrea Fagioli