Santa Croce, la piazza e la folla al funerale di Astori

Caro direttore, mi permetto di condividere una riflessione che mi rimbalza nel cuore e nella testa dal giorno del funerale di Davide Astori a Firenze. Ho seguito la funzione alla radio e ho avuto anche la fortuna di poter ascoltare l’omelia del cardinale Giuseppe Betori. Il cronista ha pure dato l’opportunità di «sentire» il silenzio che regnava in piazza Santa Croce. Davvero profondo. Ecco ora la mia riflessione: Perché in piazza non si è data la possibilità a così tanta gente raccolta per presenziare questo momento di seguire la cerimonia con una acustica adatta alla grandezza della piazza e/o con uno schermo (che fra l’altro era all’interno della Basilica). Non solo, non si è data la possibilità di accedere alla Comunione mandando qualche sacerdote a distribuirla, e soprattutto nessun sacerdote ha dato loro una benedizione? Mi è dispiaciuto tanto. Mio figlio, calciatore professionista di serie B, era lì con alcuni amici. Chi aveva saltato la scuola, chi il lavoro, chi veniva in treno, in macchina, come tutti del resto… Mi avevano detto che avrebbero fatto volentieri la Comunione per «Davide». Peccato! Monsignor Betori ci ha detto che una persona è i rapporti che ha… La platea era lì per questo.

Costanza Baccetti

Quello che è successo a Firenze con la morte di Davide Astori è un qualcosa che nessuno poteva immaginare. Ancora oggi, cara Costanza, ci si interroga non solo su quel silenzio in Piazza Santa Croce, ma anche su quello di domenica scorsa allo Stadio Franchi. Momenti eccezionali, di grande commozione. E sono solo gli aspetti esteriori di una vicenda che più nel profondo ha permesso a una città di ritrovare se stessa, di riscoprirsi comunità intorno a luoghi simbolo come appunto Santa Croce, la chiesa nella quale, più di ogni altra a Firenze, si riconosce da tempo, almeno da dopo l’alluvione, la stessa città e di conseguenza la sua squadra di calcio, impegnata in uno sport nato proprio nella piazza omonima con la famosa partita dell’assedio nel lontano 1530 e che ancora oggi si ricorda con l’annuale torneo del Calcio storico (o Calcio in costume come spesso preferiscono chiamarlo i fiorentini).

Quel patrimonio assoluto che è il complesso monumentale di Santa Croce ha offerto un collegamento storico di grande significato per rendere omaggio a Davide Astori, sportivo generoso, uomo buono, compagno e padre amorevole. Bene, pertanto, hanno fatto l’Opera di Santa Croce e i Frati francescani conventuali ad accogliere immediatamente la richiesta di mettere a disposizione la basilica e gli altri ambienti, impegnandosi a organizzare il rito funebre e l’ultimo saluto al capitano della Fiorentina. A quel punto la piazza è diventata come un prolungamento della chiesa, un grande sagrato. Pur essendo vero, cara Costanza, che all’esterno della basilica non sono state trasmesse immagini. Ma è stato fatto per esplicita richiesta della Fiorentina «nel rispetto della volontà della famiglia di Davide».

Chi ha voluto ha però seguito ugualmente la celebrazione attraverso l’audio, che non mi risulta fosse così male, almeno in gran parte della piazza. Quanto poi alla Comunione, va detto che non c’erano, almeno sulla carta, le condizioni ideali, nel senso che la piazza era aperta a tutti e non solo a chi voleva partecipare alla Messa. In quanto «a fare la Comunione per Davide» o comunque al posto di un defunto, non voglio improvvisarmi teologo, ma credo sia una questione un po’ più complessa di come sembra e di come ci ha tramandato la tradizione popolare.

L’importante, cara Costanza, è che tuo figlio, i suoi amici e le migliaia di persone che erano in piazza abbiano pregato per Astori e per i suoi cari. E quel silenzio faceva capire che in tanti lo hanno fatto davvero. In quanto alla benedizione, quella in chiesa era ovviamente estesa alle persone in piazza che l’avessero anche solo ascoltata, ma soprattutto accolta con la giusta disposizione d’animo. Quel silenzio faceva presagire anche questo. Adesso, nel ricordo di Astori, dovremmo «sfruttare» al meglio quei momenti ricordandoci sempre che anche un mondo come quello del calcio può nascondere dei valori, sicuramente delle persone di valore. Al tempo stesso ricordandoci di essere comunità che può trovare motivi di condivisione e di unità anche intorno a luoghi simbolo come Santa Croce.

Andrea Fagioli