Pro e contro il «Festival delle religioni» e il Dalai Lama
Egregio direttore, la ringrazio, innanzi tutto, per aver dato cortese ospitalità alla mia lettera sul settimanale da lei diretto, ma mi permetto di disturbarla ancora perché ritengo opportuno cercare di chiarire il mio pensiero, riprendendo il contenuto della sua risposta. Schematizzo, nel tentativo di essere semplice e sintetico.
– Il mio messaggio non voleva essere di «rimostranza», bensì di «invito alla riflessione».
– Le domande poste, almeno nelle mie intenzioni, non volevano avere carattere «inquisitorio», ma esprimevano un’esigenza di documentazione.
– Mi permetto di ricordarle che una caratteristica peculiare dell’attività giornalistica è proprio quella di mettersi al servizio dei lettori per ricercare risposte alle domande, svolgendo un lavoro d’inchiesta.
– La giustificazione «economica» da lei data per aver allegato il pieghevole al suo settimanale mi sembra poco accettabile. È il caso di ricordarle la cacciata dei mercanti dal Tempio?…
– Ritengo che dibattito e dialogo veri ci possano essere solo se si stabiliscono le condizioni minime di correttezza, chiarezza, trasparenza.
– I quesiti da me posti miravano a realizzare, appunto, tali condizioni «minime» affinché un vero dialogo potesse realizzarsi.
Antonio F. Gimigliano
Mi preme molto rispondere alla lettera del sig. A. Gimigliano in merito al «Festival delle religioni». Le mie perplessità sono non sull’evento in sé, ma sulle illazioni, sui giudizi «trinciati» dal signore in questione in merito a diversi temi e soggetti, giudizi che, a mio avviso, fanno parte di un modo assolutamente obsoleto di intendere il confronto religioso e di un pensiero intriso di forti pregiudizi ideologici e moralistici. Quello che non mi è piaciuto semmai è il termine «festival» troppo legato ad altri tipi di manifestazioni.
Questo rigorismo cattolico, questo falso moralismo, questo sentirsi offesi dal chiamare il Dalai Lama «Santità», appellativo che noi cattolici riserviamo al Papa, mi fa pensare che il Concilio Vaticano II sia scivolato via come acqua corrente dalla mente di molti cattolici. Inoltre ascoltare il Dalai Lama è sempre un’esperienza speciale, fortemente spirituale, come pure avere la possibilità di conoscere il pensiero dei rappresentanti di altre religioni o di uomini di cultura.
Non ho sentito nessuna «spiacevole sensazione di smarrimento» nella presentazione del festival da parte di Francesca Comparini, bensì un invito – rivolto soprattutto a noi cristiani – ad essere orgogliosi della propria identità, a non aver paura di difenderla, pur nell’accettazione della diversità altrui. Per questo il titolo del festival è: «Io sono». Il sig. Gimigliano fa forse parte di quelli che ancora pensano che se non si è cristiani non si va in Paradiso?
Daniela Nucci
Il Festival delle religioni di Firenze, a cui ho partecipato per la prima volta quest’anno e che avrei pensato di seguire sino alla sua naturale conclusione, per me si chiude al termine della giornata del 22 settembre. Salvo la prima giornata, quello che doveva essere un Festival delle religioni si è rivelato per quello che realmente è, ovvero al massimo una «Sagra delle religioni», e questo in considerazione di quanto emerso dai due incontri tenutisi il 22 settembre presso il Gabinetto Vieusseux di Firenze (Givone-Sgarbi e P.Bernardo-Odifreddi). Se ciò che ho avuto modo di ascoltare è il livello esperienziale/culturale del nostro tempo, purtroppo non solo da parte laica ma anche cattolica, capisco sempre di più perché le persone continuino a perdere completamente anche la poca fede ormai rimasta. Per quello che riguarda la componente cattolica, soprattutto oggi, il messaggio sempre fresco e nuovo del Vangelo andrebbe trasmesso da uomini infiammati dalla Verità, piuttosto che da persone ormai spente oppure atteggiantisi a veri intellettuali.
In ultimo non mi posso esimere dal far presente l’incapacità dell’organizzazione, in questo evento che si svolge una volta l’anno, di presentare in modo ordinato neppure i tre incontri tenutisi nella suddetta data del 22 settembre, se non con sovrapposizione degli stessi. Mi dispice solo aver buttato via delle ore del mio tempo per un evento il cui fine non può essere altro che l’esatto contrario di ciò che probabilmente era intenzione conseguire. Tutto questo, per pura onestà personale e a tutela di chi ignaro si trovi a subire un affronto alla propria dignità di uomo o di semplice credente.
Gentile direttore, il sig. Gimigliano in una recente lettera a lei indirizzata e pubblicata con una sua parziale risposta, poneva alcune questioni inerenti il Festival delle religioni in programma a Firenze e da me ideato ed organizzato. Essendo anche io abbonata al giornale da lei diretto ed essendo anche una collaboratrice del settimanale vorrei fornire alcune delucidazioni alle domande del lettore, che lei direttore non ha fornito, in modo da levare totalmente dall’imbarazzo i lettori di «Toscana Oggi».
Il Festival delle religioni non ha ricevuto un euro di finanziamento pubblico, né dalla Regione né dal Comune né da altri enti pubblici. Il costo di 10 euro per partecipare all’evento inaugurale è servito agli organizzatori per pagare parte delle spese che se volete elenco e che sono molto superiori a quanto incassato con la bigliettazione.
La lettera chiedeva poi se si può ridurre la religione ad una merce anche se ammantata di cultura. Non mi risulta che quando Giovanni Paolo II ad Assisi promosse un incontro di dialogo interreligioso anche con il Dalai Lama qualcuno parlasse di merce ammantata di cultura. L’inaugurazione del Festival ha visto partecipare Sua Santità (perché così la tradizione buddista prevede che così ci si rivolga e io cristiana lo rispetto) il Dalai Lama, Padre Enzo Bianchi fondatore della comunità di Bose, l’Imam di Firenze Izzedin Elzir e Jospeh Weiler giurista ebraico di fama mondiale già rettore dell’Istituto universitario europeo e per chi ignorantemente non lo sapesse difensore presso la corte di giustizia europea del Diritto ad avere il crocifisso esposto nei luoghi pubblici.
Il lettore chiede poi se lei direttore sia riuscito a leggere la presentazione del Festival a firma della sottoscritta senza avvertire una spiacevole sensazione di «smarrimento». Le porgo anche io la domanda ansiosa di ricevere una risposta. La ringrazio dell’attenzione da lei prestata e ricordo ai lettori di «Toscana Oggi» che il Festival lo scorso anno ha avuto anche la benedizione di Papa Francesco e il patrocinio della Santa Sede che fortunatamente continua a parlare di Amore di misericordia e che invita a parlare con un sì sì o no no.
Per aiutare i lettori, ma anche per dare delle spiegazioni agli autori delle lettere, faccio un po’ di cronistoria. Al giornale del 10 settembre abbiamo allegato un depliant promozionale del Festival delle religioni che si è svolto a Firenze dal 19 al 23 settembre con la presenza iniziale del Dalai Lama. Sull’iniziativa sono arrivate immediatamente alcune lettere critiche. Ne abbiamo pubblicata una sul numero del 17 settembre, quella più articolata, a firma di Antonio F. Gimigliano (lettera), che poneva molte domande: alcune direttamente a me e al giornale per avere allegato il depliant, altre più in generale sull’iniziativa e sul Dalai Lama. Personalmente ho ritenuto di rispondere ad alcune delle domande, quelle che ritenevo più dirette. Altre nemmeno mi competevano. Nel frattempo sono arrivate altre lettere tra cui quelle qui pubblicate di Daniela Nucci e di Francesca Campana Comparini, ideatrice e organizzatrice del Festival. Entrambe rispondono alla prima lettera di Magliano (alla quale rimando). Quindi non a quest’ultima arrivata successivamente come replica alla mia risposta. Ne sono poi arrivate anche altre tra cui quella di Mario Bailo. Alla fine quelle qui pubblicate sono due contro e due a favore del Festival. Ho deciso così non tanto per par condicio, che comunque non guasta mai, quanto per dimostrare come sulla manifestazione fiorentina ci siano giudizi contrapposti. Ma anche questo non guasta, se rimaniamo nell’ambito di un corretto e rispettoso dibattito. Capisco che a fare così si rischia di essere presi nel mezzo. Lo dimostrano la replica di Gimigliano, non soddisfatto delle mie risposte, e la lettera di Francesca Campana, che mi richiama all’ordine, ma alla quale lascio correttamente l’ultima parola. Ne ha diritto in quanto responsabile dell’iniziativa. Mentre alla sua domanda diretta rispondo di non avere avvertito nessuna «spiacevole sensazione di “smarrimento”» nel leggere la presentazione del Festival.
Andrea Fagioli